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Sondaggi, il barometro dice centrodestra ma la partita è aperta

Di Aldo Puthod

La partita è aperta, ma al momento a perderla sembra essere solo il centrosinistra. I sondaggi parlano chiaro: il centrosinistra, trascinato dal calo del Pd, perde colpi, il centrodestra guida la classifica, anche grazie all’ennesima discesa in campo di Berlusconi. Anche sul piano della lotta per la supremazia tra i partiti, al Pd non va affatto meglio: l’obiettivo di essere primo alle prossime elezioni di marzo, ancora ieri auspicato da Matteo Renzi sul Corriere della Sera, appare una chimera. A meno di un colpo di coda in questi mesi che ancora ci separano dalle urne, il M5s può aspirare a prendere la palma del vincitore.

Renzi dovrà tornare alle sue origini, quando rappresentava una istanza di modernizzazione e svecchiamento del Paese, se vorrà riacquistare consensi. Ma al momento del “rottamatore” si sono un po’ perse le tracce, almeno nella sensibilità degli strati più disagiati, giovani compresi.

L’ultimo sondaggio di uno dei più storici degli istituti demoscopici italiani, la Doxa, non fa che confermare la tendenza degli ultimi mesi. Il Pd è un decimale sotto quota 25,4%, il risultato già non esaltante – per usare un eufemismo – raggiunto alle politiche 2013. E intanto il movimento di Grillo e Di Maio è al 27% ed ancora in crescita.

L’altra sfida, quella del Cavaliere contro Salvini, sembra andare a vantaggio di Berlusconi. Mentre Forza Italia è al 15,8  la Lega Nord si deve “accontentare” del 15,6. Le virgolette sono d’obbligo perché mentre Berlusconi nel 2013 incassò come Pdl un bel 21, 6% la Lega (allora guidata da Roberto Maroni) aveva un ben più misero 4,1.

Certo al Pd non ha fatto bene la scissione, nessuna scissione è indolore sul piano elettorale. Ma non si può attribuire solo alla pattuglia guidata da Grasso, Bersani e D’Alema la responsabilità dell’andamento dei Dem, le cui radici affondano nella vittoria dei “no” al referendum costituzionale, nella crisi dell’ex rottamatore e nel cambio della guardia a Palazzo Chigi a favore di un forse più opaco ma rassicurante e Paolo Gentiloni.

Chi vincerà alle elezioni di marzo è ancora difficile dirlo. Secondo i tecnici, per avere maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento, la coalizione vincente deve avere circa il 38% alla Camera e il 39% al Senato. Obiettivo certamente, oggi, alla portata solo del centrodestra. A fare la differenza sarà la capacità attrattiva nei confronti dell’area del non voto, oggi situata – secondo Doxa – quasi al 58 per cento. Le doti del Cavaliere sono note. Quelle dei pentastellati ancora da testare, ma sono oggi molto lontani – troppo – dall’obiettivo dell’autosufficienza. Quanto al centrosinistra, molta responsabilità poggia sulle spalle di Renzi. O forse, come alcuni auspicano, da un suo passo di lato se non indietro.

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