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Venezia, un caffè storico…e la foto che visse due volte

Due o tre anni fa scorrendo le immagini della pagina di un social, mi imbatto in una fotografia in cui mi riconosco.
Si tratta della fotografia di una coppia ritratta di spalle e seduta proprio davanti la vetrina di un caffè storico di Venezia, Il caffè Florian.
Badate bene che non si tratta di una trovata pubblicitaria, in quanto non ho nessun legame col Caffè in questione, essendo di Roma ed essendo stata a Venezia solo tre volte in vita mia!
Si tratta di una somiglianza di “coppia” nel senso che i due ritratti nella foto, sotto l’insegna con la scritta Tea room del Florian, somigliano moltissimo a me e al mio compagno visti da dietro, tanto che quando me ne accorsi, con sorpresa, scattai immediatamente uno screenshot e lo inviai subito al mio compagno senza aggiungere nulla .
Non si sa quando sia stata scattata la foto, dall’acconciatura dei capelli di lui sembra una foto scattata negli anni ’80 o ’90 del Novecento, s’intende. L’unico pezzo dell’abbigliamento che si vede nella foto è una camicia azzurra a righe rosse di lui; di lei si vedono solo i capelli lisci e biondi, quel biondo ramato che è anche il mio, e non è così comune da vedersi.
Quello che mi stupisce personalmente della foto è la posa, così fisiognomicamente somigliante alle nostre pose, ma noi non siamo mai stati a Venezia prima del 2016 e non ci siamo mai seduti in quel Tea Room del bellissimo e affascinante Caffè Florian , sotto i portici delle Procuratie Nuove in Piazza San Marco , o meglio non ci siamo mai stati negli anni ‘80/ ’90 del Novecento.
E’ un magico dejavu ante vita, non so come definirlo, il riflesso di uno specchio dove non ci si è mai specchiati perché sembriamo proprio noi, più giovani e in un luogo dove non siamo mai stati prima in assoluto ed insieme.
Sono quelle sorprendenti scoperte che, da qualche anno in qua, ci offrono, loro mal grado, i social quando vanno usati per quella stupefacente capacità di metterci in relazione con il mondo e con gli altri al tempo di un clic o di uno scorrimento veloce del dito sul display. La nostra sintesi conoscitiva rimane ancora visiva come è diventata dal V secolo avanti Cristo , da quando circa tremilacinquecento anni fa, quasi quattromila anni fa, è nata la scrittura, solo che allora, mano ed occhio erano indissolubilmente legati, ora invece basta un polpastrello che scorre e Michelangelo nella Creazione aveva già preannunciato tutto.
Questa costante visione dei social che ci offre all’istante una full immersion multimediale, ci dà quasi lo stesso risultato di un tele trasporto e ci collega con i luoghi più disparati a velocità da fibra ottica, proiettandoci idealmente in quella dimensione nuova dei social influencer che sono capaci di “istigare”, “invogliare”, “ coinvolgere” in esperienze, viaggi, dandoci l’effetto esotico che una volta i marinai trasmettevano nei porti, di ritorno dai loro lunghi viaggi.
E galeotta fu la foto e chi la scattò ci siamo messi in viaggio per Venezia lo scorso anno, perché per mettersi in viaggio basta anche un pretesto, una suggestione, esattamente come quando si và in libreria e si acquista un libro perché si è attratti dal titolo o dai protagonisti, che dalle prime battute, sembrano il film di noi stessi vissuti due volte a nostra insaputa.
L’arrivo a Venezia è sempre emozionante specie se arrivi in treno alla Stazione di Santa Lucia e ti fermi sulle scalette a guardare la laguna, prima di poterti muovere con il trolley verso l’albergo .
Ti trovi perfettamente alle spalle di Piazza San Marco e sai che per raggiungerla devi attraversarla tutta la città, passando per ogni calla , salendo e scendendo scalette e piccoli ponti, ma non ti importa …sei a Venezia.
Venezia mi fa pensare sempre all’affresco di Giandomenico Tiepolo, potrei pensare a mille immagini, mille dipinti, a tutta l’arte veneta ma niente mi viene in mente prepotentemente come accade per Il Mondo Nuovo di Tiepolo, con tutta la gente sul molo che è girata di spalle e guarda avanti e quell’unico bambino vestito di bianco che è rivolto frontalmente verso l’osservatore.mondo_novo_ok

Di fronte alla laguna ci si sente come la folla intenta ad osservare con stupore e ci si sente come il fanciullo vestito di bianco che guarda verso terra…sembra quasi di essere a Despina una delle meravigliose città invisibili di Calvino.
Ma torniamo al Caffè Florian inaugurato nel lontano 29 dicembre del 1720 da Floriano Francesconi intitolato “Alla Venezia trionfante”, in quell’epoca appartenuta a Giacomo Casanova e Carlo Goldoni che vi entrò da fanciullo, il più antico caffè d’ Italia e insieme al Café Procope di Parigi il più antico al mondo, secondo le notizie di Wikipedia . Il Caffè frequentato dagli artisti, dai letterati e dai patrioti di tutti i tempi, uomini che per incontrarsi fisicamente dovevano attraversare le piazze, passare attraverso le vie, le calle e sedere nei salottini di un caffè e sui divanetti di quei locali accoglienti ed eleganti di gusto neo-barocco o classicheggiante fino all’Art Nouveau dei primi anni del Novecento, quel gusto d’altri tempi che rimane impigliato come in una rete invisibile nei luoghi che sono stati teatro della storia e che si sono cuciti addosso la trama del tempo.
Le sale del Caffè Florian conservano l’antico fascino dei loro frequentatori storici , basta accennare dei nomi: Gasparro Gozzi, Giuseppe Parini,Silvio Pellico, Lord Byron, Ugo Foscolo, Charles Dickens, Goethe, Rousseau, Gabriele D’Annunzio…è facile immaginare che cosa ci facessero al Florian di Venezia , basta uno sguardo attorno e i clienti attuali possono ammantarsi di fascinosi ricordi del tempo che fu, come nei più recenti spot che ci ricordano quanto somigliamo all’arte e quanto l’arte ci somigli e come si somigliano gli uomini e le donne di tutte le epoche, una straordinaria umana somiglianza, che fa coincidere la vita di milioni di vite, le rette e le iperboli infinite sul piano cartesiano della storia dove tutti gli uomini e tutte le donne sono esistiti, esistono e saranno ancora.
Basta un ingresso al Caffè Florian passando di sala in sala per provare il piacere istantaneo di un tempo che scorre fermo : la sala cinese, la sala orientale, la sala del senato, la sala delle stagioni, la sala degli uomini illustri, la sala Liberty. Bastano i nomi per evocare un’intera epoca, la grande storia , le pagine più vibranti d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni. I più grandi ideali patriottici passati anche per quelle sale ai tempi dell’insurrezione del 1848 che diede l’indipendenza a Venezia dall’ Austria, una breve indipendenza che infiammò gli animi e che fece ancora sperare. Proprio nel 1848 , in quel frangente di tempo, il Florian si traformò in un ospedale per accogliere i feriti dell’insurrezione capitanata da Niccolò Tommaseo e Daniele Manin.
La storia trasforma i luoghi di piacere in luoghi di battaglia e di dolore , tutto è teatro nella vita, un teatro girevole che conserva i disegni delle scene e i ritratti degli attori tra l’odore del caffè, il sapore del te’, gli aromi del cioccolato, le note di un violino, gli stucchi alle pareti, il ciclo dei quadri, i marmi e le dorature, gli specchi e i vetri.
Fino alla foto che visse due volte e che ci ha portato con curiosità ad incontrare un dejavu ancora non vissuto, alla ricerca di aneddoti e segreti che quadri e intarsi nascondono, frammenti di lettere e vecchie foto inedite racchiudono nelle trame fatte di tintinnii di cucchiaini sul fondo delle porcellane, vapori del te’ aromatizzato, profumi, trine e merletti, maschere e volti , sguardi che sono entrati sotto i portici del Florian dopo aver catturato Venezia e la sua meravigliosa laguna.
La storia continua, ve la racconteremo mentre sul molo tutti guardano avanti ed in basso ed uno solo di fronte vi guarda e sorride.

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