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La sottile inquietudine del presidente timido

Sergio Mattarella

Il discorso di ieri sera del Presidente Sergio Mattarella è secco e garbato, come nel suo stile, ma pervaso da una sottile inquietudine che ne riflette il vero stato d’animo “politico”.
Il Capo dello Stato sa perfettamente che siamo alla vigilia di un cambiamento profondo negli equilibri di “Palazzo”, ma sa anche che lo scenario futuro è totalmente imprevedibile (da qui la definizione di “pagina bianca”).

Mattarella teme una campagna elettorale dai toni inutilmente propagandistici e per questo richiama tutti i partecipanti a fare proposte credibili e realizzabili, vede il pericolo della disaffezione e quindi preme sulla partecipazione al voto e insiste sui giovani e sulla necessità di guardare al futuro, liberando, almeno in parte, la politica dall’ossessione del presente, tutto fatto di “post&Tweet”.

Sono appelli di grande buon senso e di estrema correttezza istituzionale. Sono però accessori, pur importanti, del tema di fondo. Il Capo dello Stato sa perfettamente che la prossima legislatura potrebbe essere di difficilissima gestione e sa anche il suo ruolo potrà essere messo in discussione.

Facciamo un semplice esempio, tanto per capirci, usando la media di tutti gli ultimi sondaggi disponibili.
L’incarico per tentare di formare il nuovo governa sarà per il partito più votato, cioè quasi certamente il M5S, o per la colazione con i maggiori consensi (certamente quella di centro-destra)?

Oppure, numeri alla mano, se nessuno avrà una maggioranza evidente si ricorrerà ad un incarico “istituzionale”?
Nessuno conosce la risposta a queste domande, ma al tempo stesso tutti sappiamo che ogni scelta sarà lacerante, perché comunque decisiva su un terreno di scontro politico mutato (la pagina bianca) e per molti versi più acceso che in passato.

Il Quirinale in molti passaggi della storia della Repubblica ha convissuto con duri momenti di critica nei sui confronti, ad esempio nella seconda parte del mandato di Francesco Cossiga (ma succedeva nella fase di disfacimento della Prima Repubblica).

È accaduto anche a Giorgio Napolitano, in particolare dopo il 2011, quando Berlusconi lascia il passo a Mario Monti e poi con la formazione del governo Renzi, privo di maggioranza autonoma al Senato e sorretto dai voti decisivi di parlamentari eletti con i voti del Cavaliere.
Napolitano però ha agito disponendo di una maggioranza alla Camera e al Senato che, per quanto eterogenea, era la “sua” maggioranza, sostanzialmente coincidente con quella che l’aveva portato al Quirinale e comunque appoggiata su una centralità del PD che garantiva al Capo dello Stato un canale “privilegiato” di comunicazione, pur nel rispetto della massima correttezza istituzionale.

Mattarella sa che il futuro potrà essere diverso ed assai più complicato per lui, eletto da una maggioranza parlamentare centrata sul PD che tale non sarà nelle prossime Camere, almeno se intesa come autosufficiente per governare. Ecco perché evita temi di frizione in questa fase come l’Europa o lo Ius Soli.
Ed ecco perché indica chiaramente la guida per i suoi prossimi passi, cioè la Costituzione vigente (senza alcun accenno ad eventuali riforme, altra omissione voluta e di gran peso politico).

Il sentiero è stretto e quel fine giurista e gran galantuomo di Sergio Mattarella lo sa benissimo.

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