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Tutti i conflitti (soprattutto sul gas) nel Mediterraneo orientale

turchia, erdogan, gas

Mentre il dossier siriano accusa una nuova fase di allerta dopo l’annuncio del ritiro della maggior parte delle forze militari russe dal Paese (i ribelli hanno attaccato la base aerea russa di Hmeimim, a Sud-est di Latakia, il 31 dicembre) e quello iraniano registra l’annuncio dei Pasdaran (“La rivolta è stata sconfitta”) ecco che il Mediterraneo orientale torna protagonista, con una serie di sommovimenti (mai sopiti, in verità) che muovono dal gas per confluire negli interessi dei player regionali. Con la Turchia di Erdogan al centro della scena.

TURKISH STREAM

Intervistato dal canale televisivo Rossiya 24 lo speaker di Gazprom, Sergey Kupriyanov, ha dichiarato che i nuovi chilometri di tubi del gasdotto sono stati regolarmente posati nei due rami, con un avanzamento di 4 chilometri al giorno. Per cui appare verosimile che il tutto sarà ultimato secondo il cronoprogramma stabilito. Il gasdotto poggerà su due rami di 15,75 miliardi di metri cubi ciascuno e sarà operativo dal prossimo mese di marzo. Mentre il primo ramo servirà il mercato turco, il secondo i Paesi dell’Europa meridionale e sud-orientale (ed entrerà in funzione il prossimo anno).

La posa della prima pietra risale al dicembre 2014 quando, in occasione della visita del Presidente russo Vladimir Putin ad Ankara, venne perimetrato il nuovo raggio d’azione del gasdotto: avrebbe dovuto sostituire il South Stream, il progetto sponsorizzato da Gazprom e dall’Eni per trasportare il gas russo in Italia. Ma l’abbattimento di un caccia Sukhoi-24 russo da parte dell’aviazione militare turca al confine con la Siria un anno dopo, ne rallentò l’attuazione.

DALLA GRECIA ALLA BULGARIA?

Negli ultimi giorni è stata ventilata una nuova ipotesi sulla “foce” finale del gasdotto: non più la Grecia, ma la Bulgaria. Secondo quanto pubblicato da Independent Balkan News Agency il ministero dell’Energia turco avrebbe già in mano i piani alternativi. La notizia si sposa con la richiesta avanzata nel luglio scorso alla Commissione europea da parte del premier bulgaro Bojko Borisov di costruire un gasdotto diretto verso la Russia, che sarebbe stato quindi collegato al Turkish. In attesa della risposta da Bruxelles, il Ceo di Gazprom Alexey Miller avrebbe già messo nero su bianco i dettagli con il ministro dell’Energia bulgaro Temenouzhka Petkova.

LA PARTITA DEL GAS

Il copione resta più o meno lo stesso: Ankara, a maggior ragione dopo la “riunificazione” con Mosca sull’altare del Turkish Stream, non ci sta a restare fuori dalla partita del gas che si sta giocando nelle acque cipriote della Zee (Zona economica esclusiva). Nessuna legge o accordo, però, consente ad Erdogan di avanzare una qualche pretesa, come dimostra il Trattato di Montego Bay, ma di fatto la nave oceanografica turca Barbaras dal 2014 è in quel fazzoletto di acque a disturbare la posa dei cavi da parte delle aziende coinvolte. Cipro, Grecia e Israele da un biennio hanno raggiunto un accordo per lo sfruttamento congiunto del gas, filone che si intreccia con il gasdotto Eastmed di cui Roma è parte attiva.

Secondo alcune fonti militari, nei giorni scorsi la Barbaras aveva pianificato una serie di esplorazioni illegali al largo della baia di Famagosta, a poche miglia marine dalla Zee di Cipro suscitando la protesta degli altri Paesi coinvolti. Da due giorni a Cipro, è giunta nel porto di Larnaca una nave di pattugliamento offshore di fabbricazione israeliana per rafforzare la marina cipriota e, quindi, coadiuvarla nella gestione della convivenza con la Barbaras.

SCENARI TRIPOLARI

L’esplorazione della nave nelle acque di Cipro è stata anche la causa del congelamento dei negoziati nel 2014 tra le due parti dell’isola, che è divisa dal 1974 con la presenza in loco di 50mila militari turchi. Di questo e dei futuri scenari legati agli idrocarburi, il presidente cipriota Nikos Anastasiades, il premier greco Alexis Tsipras e quello israeliano Benjamin Netanyahu discuteranno il prossimo 8 gennaio a Tel Aviv per il trilaterale dedicato al gas.

Lo scenario, però, è mutato a causa di un fattore che potrebbe risultare determinante a queste latitudini: adesso Erdogan può contare sul supporto di Mosca. Infatti per il Turkish Stream (gasdotto che ha riallacciato i rapporti tra Russia e Turchia, che dal Mar Nero arriverà in Tracia, regione greca su cui Erdogan ha messo gli occhi, annunciando un referendum per aggregarla alla Turchia) Gazprom ha appena annunciato il posizionamento di circa il 38% della sezione offshore, oltre 700 chilometri. Il colosso è forte dei numeri record di esportazioni del gas russo in Europa, che nel 2016 hanno fatto segnare più 8,1% (pari a 193,9 miliardi).

twitter@FDepalo

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