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Pmi digitali, mission (im)possible?

Di Paolo Ghezzi
Pmi

Il passo ritrovato negli ultimi mesi dall’economia italiana ha dato uno scossone positivo alla fiducia dell’azienda-Italia, scaldando i cuori di analisti e protagonisti del nostro sistema produttivo. Ce n’era bisogno. Se non altro perché la fiducia è merce rara e fragile e, quando viene compromessa, ogni germoglio va curato.

I riflettori accesi sui successi degli alfieri del Made in Italy – in cui tanta parte sta giocando l’abilità di integrare il digitale nei processi produttivi e organizzativi – sono un’ottima medicina per ritemprare un organismo economico e sociale così provato dalla crisi come il nostro. Ancor di più se si considerano non un punto di arrivo ma di partenza verso quel rinascimento digitale che può e deve trasformare il Paese. A partire dalle sue radici profonde.

Oltre cinque milioni di Pmi sono ancora ai margini del campo di gioco. Spesso a causa della difficoltà di accesso veloce alla Rete, asset senza il quale è difficile stare al passo di chi sta già correndo verso il futuro. Ma soprattutto per via della poca informazione sulle potenzialità dell’economia digitale. L’obiettivo da perseguire è, da un lato, quello di sostenere la corsa delle gazzelle e, dall’altro, di ricucire la trama dei sistemi produttivi locali nel loro rapporto con le persone, il lavoro, il territorio.

La piccola imprenditorialità diffusa è una realtà propria dell’essere italiani. Un italiano su dieci è titolare o amministratore d’impresa. Una famiglia su due ha un imprenditore in casa. Pensare di digitalizzare gli italiani senza digitalizzare le Pmi sarebbe una mission impossible. Al contrario, metterle al centro di un progetto di coesione digitale può rivelarsi essenziale per portare con successo il Paese nel futuro.

In questa missione (del tutto possibile) la Pubblica amministrazione è determinante per realizzare quelle esternalità digitali indispensabili a costruire una società 4.0. In attuazione dell’agenda digitale, alcuni importanti strumenti sono già stati messi in campo dal governo: dalla firma digitale alla Pec, dal sistema pubblico di pagamento alla fattura elettronica, dallo Spid all’identità digitale.

In questo solco, le Camere di commercio – terminale di contatto tra imprese e Pa – hanno da poco lanciato impresa. italia.it, il “cassetto digitale” dell’imprenditore. Un servizio pensato in modalità mobile first per l’accesso gratuito a tutte le informazioni ufficiali e aggiornate sulla propria impresa.

La buona notizia è dunque che uno strato di moderna infrastruttura digitale pubblica esiste, funziona e sta crescendo. La cattiva, è che sono ancora troppo pochi gli imprenditori che conoscono e usano questi strumenti. Care istituzioni, associazioni, media, tutti dovremmo sentirci chiamati in causa per far sì che questa informazione arrivi a destinazione e raggiunga, anzitutto, i dieci milioni di imprenditori che fanno girare la nostra economia.Verrebbe da dire “impresa.italia.it: passaparola”.

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