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Il Papa in Cile. Il senso del suo viaggio in Sud America

Papa Francesco torna nella sua America Latina, il Continente più violento del mondo, dove si contano 23 assassinii ogni 100mila abitanti, che vuol dire che con il 10% della popolazione mondiale è patria per il 30% dei delitti che si commettono nel mondo. Un primato? No, uno scandalo, che origina soprattuto nella miseria e nella diffusione del narcotraffico.Va capito anche così il primo atto compiuto da Bergoglio appena atterrato in Cile: una preghiera sulla tomba di mons. Enrique Alvear Urrutia, il “vescovo dei poveri”, come comunemente viene ricordato, ma anche il vescovo delle vittime delle violazioni dei diritti umani. Papa Francesco, ricevuto all’aeroporto dalla presidente del Cile, Michelle Bachelet, non era ancora arrivato in Nunziatura, dove alloggia, quando la sua utilitaria, cambiato percorso, ha raggiunto la Chiesa di San Luis Beltrán, a Pudahuel. Non era così nel programma definito tempo fa. E per quanto la decisione sia stata presa dalla commissione nazionale che cura la visita di Papa Francesco in Cile, è difficile non scorgere la mano di Jorge Mario Bergoglio dietro questa decisione. Durante il suo episcopato Enrique Alvear Urrutia fu instancabile difensore dei diritti umani violati sistematicamente nel suo Paese dopo il 1973, l’anno del golpe di Pinochet, e sotto la sua ispirazione e direzione è nata, agli inizi del 1976, la Vicaria de la Solidaridad, un rifugio per le vittime delle infrazioni dei diritti umani, a cui vengono assicurati patrocinio legale e assistenza medica.

Povertà e diritti umani hanno ottenuto immediata centralità nel programma del viaggio papale e, visto che il Cile è un paese delle Americhe, in questa decisione più che un riferimento all’antico incidente del “balconazo” – quando un ignaro Giovanni Paolo II apparve sul balcone del palazzo della Moneda con il generale Pinochet – è difficile non scorgere un messaggio “panamericano” dopo le recenti esternazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, su Haiti ed El Salvador, da molti ritenute lesive dei diritti umani e non rispettose dei “poveri”. Il messaggio deve essere arrivato chiaro anche in Perù, seconda tappa del viaggio di Bergoglio, dove il presidente in carica ha concesso la grazia al suo predecessore accusato di violazione dei diritti umani. Sembra che il presidente in carica, Pedro Pablo Kuczynski, lo abbia fatto per convincere i fedeli del suo predecessore a non riservargli lo stesso trattamento – cioè l’impeachment – essendo accusato di aver ricevuto ingenti somme di denaro da un colosso dell’economia brasiliana. Anche Kuczynski non gradisce che Bergoglio parli di diritti umani, e anche lui deve aver capito che il suo desiderio difficilmente sarà esaudito.

E per dare una sola sostanza a queste due cause, quella della difesa dei poveri e quella della difesa dei diritti umani, la chiave interpretativa di questa sesta visita sudamericana di Jorge Mario Bergoglio sarà la difesa delle comunità degli indios e dei loro spazi, in particolare l’Amazzonia. La tappa a Puerto Maldonado promette di essere, come confermato all’Agenzia Fides da Hector Sueyo Yumbuyo, leader indigeno del popolo Harakbut di Madre de Dios, “un incontro storico”, una dimostrazione che gli indigeni sono “sostenuti dalla Chiesa cattolica attraverso la sua più alta autorità, Papa Francesco, un sostegno spirituale a tutte le attività che gli indigeni svolgono per sopravvivere e affrontare i problemi, come l’abbattimento degli alberi, l’estrazione illegale e i problemi sociali che questa attività genera”. È qui  si trova un altro nesso, quello con  i temi ambientali posti al centro dell’enciclica “Laudato sii”: non a caso è stato convocato un sinodo per l’Amazzonia. Tutto si tiene nel pontificato di Papa Francesco. Questo viaggio dunque appare una sfida alla cultura dello scarto, della sopraffazione e della violenza e una promessa: partendo dal rispetto dei diritti umani e dall’impegno contro la miseria un altro futuro è possibile.

Ma come ogni viaggio anche questo ha le sue spine: la più rilevante di queste è la crisi della pedofilia, che scuote la credibilità della Chiesa cattolica, soprattutto in Perù.

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