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Trump e Macron. La strana coppia secondo Jean Paul Fitoussi

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Né alfiere dell’Europa né anti-Trump. Per Jean-Paul Fitoussi, economista francese, professore della School of Government della Luiss, è inutile etichettare con uno slogan il presidente francese Emmanuel Macron, sua stretta conoscenza. È bastato il suo appello, applauditissimo, per un’Europa forte, aperta, ecologica, pronunciato dinnanzi alla platea del World Economic Forum di Davos, per far tornare esperti e opinionisti a parlare di un nuovo trascinatore europeo. “Non la vedrei così”, spiega invece a Formiche.net l’economista francese, che ci tiene a fare una precisazione: “Macron non è come la Merkel, che vuole comandare e ha una visione molto ristretta dei meccanismi economici”.

Nessuna ambizione di prendere le redini di Bruxelles, dunque. Solo “un uomo di Stato di grande respiro, che capisce meglio della Merkel che le cose si fanno insieme oppure non si fanno. Macron, garantisce Fitoussi, “vuole che l’Ue abbia delle istituzioni che la facciano funzionare bene, e abbandoni le regole che la fanno crollare vis a vis con il resto del mondo”. Eppure sul titolare dell’Eliseo, volente o nolente, pesa ormai l’immagine di nuovo traghettatore della causa europea. Nell’exploit di Davos, cuore pulsante delle élites liberiste, in molti hanno peraltro voluto scorgere una sfida aperta al modello d’oltreoceano, quello dell’America di Donald Trump, impegnato fin dai primi giorni nello Studio Ovale a tagliare tasse, immigrazione e concorrenza estera sleale. La rivalità fra Macron e Trump non deve però ingannare. La conferma, giunta da poco, che sarà proprio il presidente francese il primo ospite d’onore in una cena di Stato alla Casa Bianca, ridimensiona notevolmente le stoccate macroniane a Davos. “Le relazioni internazionali hanno una storia, e Francia e Stati Uniti sono legati da una storia molto forte” spiega Fitoussi, che non sembra affatto sorpreso dell’invito della Casa Bianca: “Sono alleati, la Francia è stata salvata due volte dagli Stati Uniti. L’America, a prescindere da Trump, sarà sempre amica della Francia.”.

Impietoso fustigatore del protezionismo trumpiano, Macron dal canto suo non ha mancato, in questi primi mesi all’Eliseo, di proteggere con ogni mezzo le imprese strategiche francesi dagli investimenti esteri. Si ricorderà il caso Fincantieri-Stx la scorsa estate, quando il veto presidenziale ha bloccato l’acquisizione dei cantieri navali di Saint Nazaire. Adesso il presidente francese prepara un nuovo pacchetto di contromisure per arginare le intrusioni dei cinesi nei settori a rischio.

Per Fitoussi il protezionismo francese non ha nulla a che vedere con l’ “America First” di Trump. “La principale funzione di uno Stato è la protezione del suo popolo”, ci spiega al telefono. “Ci sono due forme di protezione: il protezionismo e la protezione sociale. È chiaro che solo la protezione sociale, siccome assicura i rischi delle vite delle persone, permette di vivere bene la globalizzazione. Se al contrario tagliamo la protezione sociale si va incontro a quel che sta accadendo nel resto del mondo: si apre la strada ai partiti estremisti”. Le misure di Macron a difesa dei settori strategici rientrano in un “protezionismo di breve periodo”, mentre il nuovo corso avviato a Washington rischia di dar vita a “un protezionismo di lungo periodo, un disastro, come lo è stato prima della Seconda Guerra Mondiale” ammonisce Fitoussi.

Trump e Macron però hanno più di un punto di convergenza. Ad esempio sulle riforme: Macron ha spinto per una riforma del lavoro, accompagnata da una pesante revisione del fisco, sulla scia della tax reform americana. Sulla riforma fiscale francese l’economista della Luiss nutre qualche dubbio: “Il guaio è che gli sforzi del governo non vanno nella stessa direzione. La riforma del codice del lavoro è una riforma che indebolisce i lavoratori e dunque diminuisce la loro protezione. La riforma fiscale va a vantaggio soprattutto dei ricchi, che vanno a beneficiare il 42% del beneficio totale della riforma fiscale”.

 

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