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Il Manufatturiero 4.0, una sfida tutta italiana verso l’Europa

Di Airi

L’elemento nuovo e centrale del Manifatturiero 4.0 è la cosiddetta rivoluzione digitale. La produzione industriale è in una fase di trasformazione guidata dalla congiunzione della crescente interconnessione delle macchine, degli inventari e delle merci fornite tramite l’IoT, dalle capacità del software incorporato nelle macchine, dall’analisi dei grandi volumi di dati digitali (grandi dati) generati dai sensori, e facendo ricorso alla disponibilità onnicomprensiva della potenza di calcolo tramite Cloud Computing. Tale trasformazione ha preso varie denominazioni, è stata descritta da alcuni come «Industry 4.0» (Jasperneite, 2012), «Internet Industriale» (Bruner, 2013) e «produzione di rete» (Economist Intelligence Unit, 2014).

I potenziali vantaggi economici delle nuove tecnologie digitali sono enormi: ad esempio le stime disponibili suggeriscono che l’IoT potrebbe contribuire da 10 a 15 trilioni di dollari al Prodotto interno lordo (GDP) globale nei prossimi vent’anni (Evans e Annunziata, 2012).

Ma al di là delle singole definizioni, l’insieme delle nuove tecnologie digitali (in particolare la grande analisi dei dati, il cloud computing e l’IoT) consentirà di personalizzare più beni e servizi attraverso nuovi processi produttivi e organizzativi, nonché nuovi modelli di business, soprattutto nei settori industriali. Tutto ciò origina nel contempo una serie di sfide che riguardano la digitalizzazione della produzione industriale, tra le quali l’espansione dell’accesso ai dati e alle infrastrutture e alle applicazioni It fondamentali; il miglioramento dell’interoperabilità e il sostegno allo sviluppo di norme; la riduzione dei rischi in relazione alla sicurezza digitale e alla privacy; il mantenimento della concorrenza nei nuovi contesti digitali.

LA STRATEGIA EUROPEA

Sebbene il nuovo modello di sviluppo rimanga sempre fondato sui Cyber Physical Systems, che rappresenteranno l’integrazione estesa di produzione, sostenibilità e customer satisfaction, formando la base della rete intelligente di sistemi e processi, è d’altra parte importante che il nuovo modello di sviluppo tenga in adeguato conto radici culturali e strutture industriali diverse tra loro: in tal senso possiamo subito dire che il modello europeo differisce sensibilmente da quello americano.

Mentre nel modello americano si privilegia la tecnologia Internet of Things, nel modello europeo si preferisce enfatizzare il ruolo della Fabbrica Intelligente (Smart Factory): ne deriva che il modello europeo si propone di ottimizzare soprattutto il settore manifatturiero, mentre nel caso statunitense gli obiettivi di ricerca puntano a migliorare anche le attività dei servizi, ovvero il sistema economico nel suo complesso.

Il modello europeo preferisce individuare uno standard comune, a cui tutte le imprese facciano riferimento per lo sviluppo delle tecnologie adeguate; il modello americano intende definire piattaforme aperte a tutti gli operatori. Infine, come accennato, il modello europeo prevede un intervento sostanziale da parte del pubblico, al contrario il modello americano è principalmente sostenuto dalle imprese private e dalle fondazioni di ricerca.

Tale approccio si rispecchia ampiamente nell’ambito della programmazione di Horizon 2020, dove un ruolo centrale è giocato dal Programma Factories of the Future, che mira a sostenere, nel medio termine, il passaggio da un vantaggio competitivo basato sul costo a quello basato su un elevato valore aggiunto. Ne risulta uno scenario in cui la produzione europea dovrà accrescere la propria base tecnologica, fondandosi sulle eccellenze R&D e sviluppando una serie di tecnologie di produzione trans-settoriali. Le iniziative hanno lo scopo di aiutare le imprese manifatturiere dell’Ue, in particolare le Pmi, ad adattarsi alle pressioni globali della concorrenza sviluppando le tecnologie chiave necessarie per sostenere la produzione europea in un’ampia gamma di settori.

Questo aiuterà l’industria europea a soddisfare le crescenti richieste dei consumatori globali per prodotti più ecologici, più personalizzati e di qualità, attraverso la transizione necessaria a un’industria flessibile, digitalizzata e demand-driven, con una riduzione dei consumi di rifiuti e consumi energetici.

Tale sviluppo si concentra sull’aumento della base tecnologica della produzione europea attraverso lo sviluppo e l’integrazione delle Tecnologie Chiave Abilitanti (KET) con le tecnologie ICT, che svolgono un ruolo essenziale nell’innovare i sistemi di produzione e servizi in tutti i settori, con una maggiore flessibilità relativamente ai cambiamenti della domanda di mercato.
Al di là delle iniziative comunitarie della Ue, i maggiori Paesi europei sono fortemente impegnati anche in politiche nazionali di primissimo piano.

LA POSIZIONE ITALIANA

Uno studio del Politecnico di Milano del 2016 ci suggerisce che nel nostro Paese gli oggetti oggi collegati sono più di 50 milioni, con un conseguente forte impatto sia nelle aree di pubblica utilità (Ambiente, Salute, Smart Cities, Trasporti e Sicurezza) sia in quelle strategiche (Manifattura, Edilizia, Agroalimentare, Turismo, Energia e Smart Retail).

Su quali basi di conoscenze e di tecnologie possiamo contare per mantenere competitività e concretezza rispetto al nuovo mondo che si va delineando?

Innanzitutto riteniamo che una solida base in tal senso sia stata impostata con l’iniziativa intrapresa nel 2012 da parte del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), il quale, in linea con le priorità delineate nel Programma Quadro dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020, ha promosso la nascita e lo sviluppo dei Cluster Tecnologici Nazionali.

L’obiettivo è quello di realizzare reti aperte e inclusive formate dai principali soggetti pubblici e privati che operano sul territorio nazionale nella ricerca industriale, nella formazione e nel trasferimento tecnologico: imprese, università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, incubatori di start-up e altri soggetti attivi nel campo dell’innovazione. Ogni insieme è focalizzato su uno specifico ambito tecnologico e applicativo ritenuto strategico per il nostro Paese, di cui rappresenta l’interlocutore più autorevole per competenze, conoscenze, strutture, reti e potenzialità.

La maggioranza dei Cluster avviati fa riferimento all’ampio mondo della Manifattura ma il più diretto alla strategia italiana verso il mondo 4.0 è rappresentato dal Cluster Fabbrica Intelligente, che ha elaborato una Roadmap strategica pluriennale. Tale Roadmap, muovendo dalla vocazione manifatturiera del nostro Paese e dai mega-trend in atto a livello europeo, ha elaborato come prioritarie le seguenti Linee di Intervento:

– sistemi produttivi per la produzione personalizzata;
– strategie, metodi e strumenti per la sostenibilità industriale: verso le tre dimensioni della sostenibilità (economica, ambientale e sociale) e verso l’economia circolare;
– sistemi per il miglioramento del benessere e la valorizzazione delle persone nelle fabbriche;
– sistemi di produzione ad alta efficienza e riconfigurabilità;
– processi produttivi innovativi;
– sistemi di controllo e monitoraggio della produzione in tempo reale;
– strategie e management per i sistemi produttivi di prossima generazione;
– dove proprio la settima ha l’obiettivo di sviluppare nuove strategie di produzione e di gestione di reti industriali, grazie a soluzioni IT di pianificazione, monitoraggio, previsione e misurazione.

L’estensione del concetto di Internet of Things-IoT è l’elemento fondante per la realizzazione del paradigma della Smart-Factory. Uno scenario dove tecnologie digitali, sensoristica avanzata, connettività sicura in locale e cloud, rendono possibile lo sviluppo di un ambiente smart in cui beni strumentali, magazzini, layout e processi presentano una integrazione, basata su un uso pervasivo delle stesse, dalla logistica inbound alla consegna dei prodotti.

Tale impostazione è destinata a cambiare il mercato del lavoro e delle skills. La Smart-Factory, caratterizzata da elevata automazione e flessibilità, potrà essere costantemente allineata, e quindi configurata, rispetto alle esigenze dei clienti finali e al prodotto, anche mediante soluzioni di simulazioni e riprogrammazioni, direttamente nei siti produttivi. È quindi necessario promuovere, parallelamente all’introduzione della fabbrica intelligente, diverse azioni volte ad adeguare i meccanismi di formazione, riqualificazione e collocamento dei lavoratori.

Alla pari degli altri Paesi europei, l’adozione acritica del modello «Industria 4.0» non è proponibile senza tener nel debito conto il fatto che il tessuto imprenditoriale italiano è sostanzialmente dominato da un elevato numero di PMI. A tali particolari esigenze dovranno guardare gli interventi futuri in un contesto di manifattura collaborativa e distribuita, basato su una catena di fornitura ampia e sempre più globale. È questo un punto molto critico della trasformazione in atto: la manifattura collaborativa e distribuita potrebbe realizzare un più alto livello di integrazione fra le imprese, formare ecosistemi in cui si incontrano clienti e produttori, superare la propensione alla parcellizzazione dell’impresa italiana. In caso contrario, imprese della subfornitura, pur competitive sul piano del prodotto, saranno meno capaci di interagire con clienti sempre più strutturati da modelli gestionali sostenuti da software e media digitali. Occorre pertanto saper evitare il rischio che imprese fornitrici e clienti business non parlino la «stessa lingua digitale», così come sarà necessario far sì che i lavoratori acquisiscano le abilità necessarie ai nuovi luoghi della produzione.

Il Piano Nazionale Industria 4.0 del ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) individua delle linee guida che suggeriscono di operare in una logica di neutralità tecnologica: intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali; operare su fattori abilitanti; orientare gli strumenti esistenti per favorire il salto tecnologico e la produttività; coordinare i principali stakeholder senza ricoprire un ruolo dirigista. Il Piano si estrinseca quindi attraverso due direttrici strategiche di intervento che sono:

Direttrici Chiave, che riguardano gli Investimenti Innovativi (incentivare gli investimenti privati su tecnologie 4.0; aumentare la spesa privata in Ricerca, Sviluppo e Innovazione; Patent Box per stimolare gli investimenti in asset intangibili; aprire alla finanza alternativa (prestiti non bancari, VC e PA, per una migliore allocazione verso le imprese innovative) e la problematica delle Competenze (diffondere la cultura 4.0 attraverso Scuola Digitale e Alternanza Scuola Lavoro, sviluppare le competenze I4.0 attraverso percorsi universitari e ITS dedicati; finanziare la ricerca 4.0 potenziando i Cluster e i dottorati, creare Competence Center e network di Digital Innovation Hub, elaborare una strategia nazionale sulle skills.

Direttrici di Accompagnamento, le quali fanno invece riferimento alle Infrastrutture Abilitanti (assicurare adeguate infrastrutture di rete con un Piano Banda Ultra Larga con un approccio che dia la priorità alle aree industriali, collaborare alla definizione di standard e criteri di interoperabilità IoT) e agli Strumenti pubblici di supporto (favorire il finanziamento di progetti strategici 4.0, rafforzare e innovare il presidio dei mercati internazionali, supportare lo scambio salario-produttività attraverso la contrattazione aziendale decentrata).

Possiamo quindi concludere che anche nel nostro Paese esistono le condizioni di base per realizzare una manifattura che possa inserirsi con successo nella realtà produttiva del prossimo futuro. Sebbene le tecnologie digitali costituiscano l’aspetto rivoluzionario dal quale non si potrà prescindere relativamente ai nuovi processi produttivi e ai nuovi modelli di business, rimane la convinzione che la realizzazione di una reale prospettiva per un Manifatturiero italiano 4.0 sia nel contempo legata indissolubilmente al mantenimento di uno scenario tecnologico complessivo e know-how intensive, in cui l’innovazione di prodotto rimane ancora un obiettivo centrale.

(Articolo pubblicato su Airi-Associazione italiana per la ricerca industriale)

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