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Perché la memoria non può essere limitata a una sola giornata. Parla Dureghello

“Per noi è sempre il momento della memoria: non c’è giorno nel quale non ricordiamo le nostre origini e i nostri patimenti”. Quella di sabato prossimo sarà la terza Giornata della Memoria di Ruth Dureghello alla guida della Comunità Ebraica della città eterna, dov’è arrivata nel giugno del 2015. Imprenditrice romana classe 1967 – ma prima di tutto “mamma ebrea”, come lei stessa si definì al momento della sua elezione a presidente – Dureghello ha, però, una speranza in più per la ricorrenza di quest’anno: che “possa rappresentare l’inizio di un percorso continuativo”. “Bisogna uscire dall’idea che si tratti di un anniversario occasionale ma dargli il valore di una memoria collettiva nazionale da tenere sotto i riflettori costantemente”, ha affermato la presidente della Comunità Ebraica di Roma. Che, in questa conversazione con Formiche.net, ha commentato anche gli episodi di antisemitismo che continuano, purtroppo, a ripetersi in Italia e in Europa e recensito in anteprima il documentario sulla Shoah di Walter Veltroni dal titolo “Tutto davanti a questi occhi” che sarà trasmesso sabato prossimo, 27 gennaio.

Presidente Dureghello, come si coltiva davvero la memoria?

È necessario far maturare una coscienza civile e una responsabilità sociale condivise, in cui ognuno si faccia carico dell’educazione dell’altro. Su questo sto cercando di spendermi molto: non si può lasciare soltanto a qualcuno il ruolo di trasmettere ciò che è stato.

Peraltro, purtroppo, con il tempo che passa i testimoni diretti di quella tragedia stanno scomparendo.

Ed è per questo che dico che è responsabilità di tutti noi raccogliere il testimone. E far sì che, nonostante il tempo, l’oblio non prevalga. È umano che si tenda a scansare i fatti negativi del proprio vissuto, le tragedie. A maggior ragione dobbiamo renderci protagonisti di un esercizio forte e corale perché solo dalle esperienze del passato si può trarre un insegnamento per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni.

In questo senso quanto avete apprezzato la decisione di Sergio Mattarella di nominare senatrice a vita Liliana Segre?

Gliel’ho detto personalmente anche qualche sera fa. È stato un momento di una grandissima emozione. Il presidente Mattarella, anche in quest’occasione, ha compiuto un gesto concreto e tangibile, simbolo della sua volontà di rendere la memoria un valore fondante di questo Paese.

Ha visto in anteprima il documentario di Walter Veltroni sulla Shoah dal titolo “Tutto davanti a questi occhi” che sarà trasmesso il 27 gennaio. Ci racconta qualcosa?

Non solo l’ho visto ma ho anche avuto il privilegio di tenere un discorso in occasione della presentazione. A Walter vanno riconosciuti tantissimi meriti, innanzitutto perché ha istituito – quando era sindaco di Roma – i viaggi della Memoria. E da allora migliaia di studenti della Capitale – e successivamente anche della Regione e di tutta Italia – hanno avuto la possibilità di toccare quei luoghi per conoscere e approfondire la memoria di ciò che è stato.

Cosa l’ha colpita di più del documentario?

L’intervista a Sami Modiano, uno dei pochi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz. Nelle sue parole si coglie e si percepisce il senso di una trasmissione documentata. Il cinema diventa anch’esso testimone per fissare al di là del tempo le emozioni. Con una sensibilità estrema: c’è la tragedia che viene raccontata ma anche l’infinita speranza di vivere e continuare a vivere. Dice Sami a un certo punto: “Vivo e sono felice”. Davvero in quel momento mi sono commossa.

A proposito di memoria, a Roma si parla da anni del Museo della Shoah che però continua a non vedere la luce. A che punto siamo?

Penso che sarò molto felice quando lo vedrò realizzato. Per adesso ci stiamo impegnando molto con la fondazione – di cui la Comunità Ebraica di Roma è uno dei membri insieme alle altre istituzioni – per produrre materiale e organizzare mostre e iniziative e continuare così a fare memoria.

Presidente, ma perché l’antisemitismo è una malattia che non si riesce a curare definitivamente?

Non sono io a dirlo ma i dati e le analisi relative non solo all’Italia e all’Europa. L’antisemitismo, purtroppo, è un tema costante ed attuale perché evolve e si trasforma. L’ebreo è comunque il diverso per eccellenza. Siamo ancora legati ad alcuni schemi che non siamo riusciti a scardinare. Il problema c’è e oggi diventa ancor più grave perché si diffonde sul web dove è difficilissimo poterlo controllare. Si abbina al disagio sociale ed economico e a tanti altri piccoli, grandi fattori che conosciamo, gli stessi che hanno segnato la storia dell’Europa e del nostro Paese 80 anni fa ma che abbiamo difficoltà a riconoscere come segnali. Come sentinelle noi cerchiamo di stimolare costantemente l’attenzione su questo aspetto.

Ma è solo una questione culturale o anche di leggi?

L’Italia è dotata di un sistema normativo affinato, che va dalla legge Mancino a quella sul negazionismo. Purtroppo negli ultimi tempi abbiamo assistito all’ostentazione di alcuni simboli. Quello che pensavamo di aver quasi arginato con questi decenni di memoria, oggi riappare con una violenza e una crudezza che non avevamo pensato potesse esistere. Mi riferisco, ad esempio, a quello che abbiamo visto recentemente a Milano. Di fronte a queste manifestazioni ci aspettiamo  una risposta pronta e immediata delle istituzioni che forse, nel capoluogo lombardo, è mancata.

Qualche giorno fa ha incontrato l’ambasciatore Usa in Italia Lew Eisenberg. Com’è andata?

È stato un incontro sereno e di grande emozione. Non le nego che da parte nostra la posizione assunta dal governo Usa nell’ultimo periodo su Gerusalemme capitale d’Israele è stato un passo importante. Abbiamo voluto manifestare all’ambasciatore Usa in Italia la nostra gratitudine. Non si può cancellare il legame del popolo ebraico con la sua terra d’origine. Ma abbiamo anche parlato di dialogo, rapporto con il mondo islamico e con le altre confessioni religiose ed Europa.

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