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Regione Lazio, la campagna elettorale sarà al vetriolo, ma occhio ai dati. L’analisi di Polillo

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Nel Lazio, la campagna elettorale, per altro già iniziata, sarà al vetriolo. Collegi sicuri non esistono per nessuna delle forze in campo. Al più, seggi probabili: al punto da rendere problematica la candidatura dello stesso presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che non può rischiare l’eventuale bocciatura. Nicola Zingaretti, il candidato PD, si muove già a tutto campo. Tenta l’alleanza con la sinistra di Pier Luigi Bersani e con il centro di Beatrice Lorenzin. Auguri. Approfitta, tuttavia, di questi ultimi giorni per presentare i successi, presunti o reali, della sua passata attività. Fiore all’occhiello: il rientro dal piano sanitario e la fine del commissariamento imposto per il deficit accumulato, in passato. Ma è subito polemica velenosa.

Era iniziata all’indomani della comunicazione ufficiale, resa i primi di dicembre. Roberta Lombardi, candidata alla presidenza del Movimento 5 stelle aveva gridato all’imbroglio. In un post si era sfogata: “Guarda il caso, proprio in vista delle elezioni della Regione Lazio, il governo del Pd e di gente come la Lorenzin (centrodestra) annuncia che il Lazio uscirà dal commissariamento. Quando? Il 31 dicembre 2018, cioè tra un anno!”. La risposta della ministra non si era fatta attendere:” Nessun regalo a Zingaretti, né alla Regione Lazio. Per l’uscita dal commissariamento della sanità sono stati usati gli stessi criteri dell’Abruzzo e del Piemonte con relativo affiancamento dei tavoli tecnici”.

Sarebbe finita qui, se non vi fosse stata una coda velenosa, proprio in questi giorni. Insiste Lombardi: “Il fratello della Lorenzin candidato in lista nel Lazio a sostegno di Zingaretti. Si mormora persino come capolista. Quale migliore occasione per far fare carriera al parente, in fondo la ministra ha fatto di tutto e di più per Zinga, ora è in credito e aspetta di incassare”. Insomma l’accusa di logrolling, come dicono gli inglesi. Vale a dire lo scambio di favori, nel perseguimento di un comune interesse. Sebbene Lorenzo Lorenzin sia già sindaco di un piccolo comune, seppure in terra d’Abruzzo.

Fin qui l’antefatto, che ha acceso, tuttavia, i riflettori sul problema ben più serio della sanità nel Lazio. Come sono andate le cose? Soprattutto il piano di rientro è stato condotto a termine e con quali mezzi? Nella conferenza stampa, presso la sede del Mef, qualche tempo fa, il Presidente Zingaretti aveva presentato i conti della sanità. Il disavanzo del 2007, che segnò l’inizio della via crucis, era pari ad 1,96 miliardi. Nel corso di questi dieci anni i costi sono stati notevolmente ridotti. Sono stati risparmiati 82 milioni sui costi interni del servizio sanitario, sebbene siano stati forniti nuovi farmaci innovativi (epatite e oncologici) per 200 milioni. Le altre spese del servizio sanitario (medicina di base, farmaceutica convenzionata, specialistica ambulatoriale, acquisto di prestazioni sanitarie da privati accreditati) sono state ridotte di 55 milioni.

Il personale ha subito una contrazione di 9.138 unità, con un risparmio di 366 milioni. Si prevedono pertanto nuove assunzioni per 2.800 posti, di cui la metà riservati ai precari. Con un bando di concorso per 55 nuovi primari. Sono previsti inoltre investimenti per 373 milioni, per la riqualificazione delle strutture sanitarie del Lazio . Tra le quali l’ammodernamento del Policlinico Umberto I, il completamento del nuovo Ospedale dei Castelli e l’ampliamento dell’Ospedale Grassi di Ostia. Opere che saranno rese possibili dal miglioramento intervenuto nei saldi della sanità. Già nel 2016 il MOL (la differenza tra le entrate e le uscite, al netto degli oneri finanziari) risulta positivo, per un valore pari a 137 milioni. La prima volta in 10 anni. Il disavanzo complessivo permane seppure in discesa: da 33 milioni a 164 nel 2016. Per poi scendere ancora nel 2017 (55 milioni) fino al pareggio del 2018.

La progressione dei conti spiega perché il commissariamento è destinato a durare. Solo nella prossima legislatura si avrà un nuovo assessore alla sanità che prenderà il posto del commissario-presidente. Circostanza che spiega, almeno in parte le polemiche alle quali si è fatto cenno. Per completezza, si deve solo aggiungere che la qualità del servizio è migliorata. Secondo gli indicatori LEA – una sorta di benchmark della sanità – il valore raggiunto è pari a 169: nove punti in più rispetto allo standard minimo fissato dal MeF.

Il quadro appena fornito, consente una radiografia più precisa, ma non ancora completa. Nella conferenza stampa, di cui si è fatto cenno, è mancato qualsiasi riferimento ai costi sostenuti non dalla Regione, ma dai cittadini del Lazio, sotto forma di prelievo fiscale aggiuntivo. Quando è un po’ questo il parametro essenziale per giudicare la qualità delle politiche seguite. Soprattutto la loro sostenibilità futura. Le entrate che la regione Lazio destina alla sanità sono notevolmente inferiori a quelle della Lombardia. Nel bilancio 2016 sono stanziati circa 12 miliardi contro i 19 di Milano. Se si tiene tuttavia conto della diversa popolazione servita, il rapporto si rovescia. L’onere pro capite nel Lazio è pari a 1.863,7 contro 1.740,6 della Lombardia.

Rapportando queste diverse cifre all’entità della popolazione, la differenza è notevole: oltre 800 milioni, nel solo 2016 a carico dei laziali. Quale parametro per misurare una diversa efficienza che permane. A riprova di ciò basa considerare le diverse aliquote dell’addizionale Irpef, che servono appunto al finanziamento della spesa complessiva, ma in larga misura della sanità. Nel Lazio l’aliquota media è pari al 2,79 per cento. In Lombardia all’1,75. Poco più della metà. Le più recenti decisioni di Zingaretti di realizzare una leggera potatura, a favore dei redditi più bassi, farà scendere l’aliquota media al 2,55 per cento. Ma la distanza con Milano, specie a partire dai redditi superiori a 15 mila euro all’anno, rimane in tutta la sua portata.

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