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Roma, capitale della monnezza. Perché lo scandalo rifiuti è così grave

Ci voleva anche il conflitto politico ideologico tra Virginia Raggi e Federico Pizzarotti per massacrare ulteriormente una città come Roma, già sull’orlo del collasso. I rifiuti della capitale non finiranno più nel termovalorizzatore di Parma. L’onore dei grillini è quindi salvo. Nessun rapporto con colui che aveva tradito, rinunciando a chiudere l’inceneritore della discordia. E poco importa se gli elettori ne avessero apprezzato l’operato, al punto di preferirlo come sindaco, nelle successive elezioni. Nonostante l’espulsione imposta dai vertici del Movimento. Quel nuovo contratto, quindi, non “s’ha da fare”. Troppo forti i rischi di una beffa che aveva il sapore della nemesi, nel clima avvelenato della prossima campagna elettorale. Ed allora meglio soprassedere, cercando soluzioni alternative di cui è difficile prevedere il grado di realismo.

Una storia che ha del surreale. Roma, con i buoni uffici della Regione Lazio, chiede aiuto agli emiliani. Tirateci fuori dal marasma dell’immondizia che ristagna e si accumula per le vie e le piazze della Città eterna. I bolognesi, per la verità, fanno un po’ i preziosi. Un assenso sofferto, dopo una lunga trattativa: accompagnato, tuttavia, da valutazioni politiche destinate a ad incidere sui nervi scoperti di una Giunta che non riesce ad uscire dal labirinto in cui si è cacciata. “Lo facciamo – aveva detto il presidente della regione Stefano Bonaccini – per solidarietà istituzionale di fronte a difficoltà che non possono ricadere sui cittadini”. L’assessore all’Ambiente, Paolo Gazzolo, era stato più esplicito: “Sia chiaro, però, che è ora di dire basta, di cambiare e adottare ovunque misure strutturali che portino ad una svolta, senza dover ricorrere all’intervento di altri territori virtuosi.”

Quindi il colpo di grazia di Federico Pizzarotti: “Chi è più efficiente chiede sostegno a chi è meno efficiente ma questo è un alibi che non deve diventare un fatto sistemico. Se la Regione Emilia Romagna, rispetto alla richiesta del Lazio, valuterà di fare una richiesta formale al Comune, ritengo che sarà un tema da Consiglio comunale. Parma non si sottrae al senso di responsabilità istituzionale”. Veleno allo stato puro, dopo gli anatemi e l’ostracismo subito per anni, sebbene nessuno avesse mai avuto il coraggio di imporre pubblicamente la relativa scomunica.

Comunque sia, alla fine sembrava fatta. Un po’ di cenere sul capo e via. Gli automezzi pronti a partire con il loro carico maleodorante. Ed invece contrordine compagni. Quella carovana non si è mai mossa. Sorpresa da parte dell’assessore all’ambiente della Regione Lazio: “Voglio sperare non ci sia un collegamento con le polemiche politiche. Sarebbe grave e la città di Roma ne sta pagando un prezzo altissimo ed inaccettabile”. Touché: come dicono i francesi. La risposta affidata al presidente della Commissione dell’Assemblea – tacciono invece i responsabili capitolini – “portare i rifiuti di Roma in Emilia Romagna costa molto di più, oltre 180 euro a tonnellata”. Quindi meglio non far viaggiare quelle 15 mila tonnellate di rifiuti che, secondo gli accordi tra Ama e la Regione Emilia Romagna dovevano essere distribuite in tre diversi impianti: Parma, Modena e Granarolo, in provincia di Bologna. Meglio aspettare e puntare su futuri accordi con la Toscana e l’Abruzzo. Sono più vicini e quindi soggetti a costi minori.

Sarà così? Staremo a vedere, sempre che la lunghezza delle relative trattative, che ancora devono iniziare, non avveleni ancor di più l’inizio della campagna elettorale. Troppo complesso è il puzzle dei rapporti politici, nelle regioni individuate, per ritenere che tutto possa risolversi in un ambito esclusivamente tecnico-amministrativo. Ma quello che più sorprende è il riferimento alla prossimità. Toscana e Umbria sono indubbiamente più vicine. Ma l’Austria è molto più lontana. Ed è lì che il Comune di Roma ha trasportato, durante tutto il 2017, montagne di rifiuti – al ritmo di oltre 2000 tonnellate a settimana – grazie all’impiego di appositi treni. Per un totale di circa 100mila tonnellate. Il costo relativo, a quanto riportato dalla stampa, era di 138 euro a tonnellata, senza contare le spese per il trasporto. Per un importo complessivo annuo di 14 milioni. Dati che sollevano più di un interrogativo.

Non basta dire che 180 euro a tonnellata, per il solo trasporto, sono eccessivi. I conti vanno fatti considerando l’intero importo della partita. Quindi il costo del trasporto, ma anche quello relativo alle tariffe praticate per l’uso dei termovalorizzatori. Senza questo dato ogni confronto diventa impossibile e quindi le stesse giustificazioni addotte diventano una foglia di fico che non riesce a nascondere l’essenza vera del problema. Lo smacco subito nella vicenda Pizzarotti.

Ma al di là delle beghe interne, resta un problema di fondo. Per Roma – e non solo, verrebbe da dire – manca una visione all’altezza dei relativi problemi. Non si amministra una città con quasi 3 milioni di abitanti ed oltre 8mila chilometri di strade, con misure di carattere artigianali. Sia per la manutenzione delle strade sia per la raccolta dei rifiuti occorrono piani industriali di medio periodo, che facciano ricorso alle migliori tecnologie presenti sul mercato. Quindi un rapporto stringente con quei soggetti economici in grado di fornirle. Un mondo alieno nell’universo cognitivo dei 5 stelle.

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