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La sfida missilistica per la difesa europea

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Il 2018 si preannuncia anche l’anno della difesa europea. Dopo l’accelerazione dell’ultimo mese, con il via libera alla Pesco (cooperazione rafforzata permanente), si attende la definizione degli obiettivi e dei progetti specifici da affidare alla cooperazione tra Paesi. Tra questi, resta bassa per ora l’attenzione alla difesa missilistica, nonostante il tema sia ormai diventato prioritario per la sicurezza del Vecchio continente.

Di fronte a minacce sempre più sofisticate, tra le ambizioni della Corea del Nord, l’instabilità nel vicinato mediorientale (è di poco prima di Natale la notizia di un missile balistico lanciato dallo Yemen contro l’Arabia Saudita) e l’enorme sforzo di Paesi come Cina, India, Pakistan e Iran per potenziare i rispettivi arsenali, emerge con chiarezza l’esigenza di rilanciare in Europa il dibattito sul tema, anche oltre il politicamente corretto e oltre il controllo della proliferazione su cui, comunque, è necessario un ripensamento generale.

“In Europa non si è affrontato il discorso della capacità di difesa come deterrente”, ha spiegato il consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai) Michele Nones. “Dobbiamo tornare a domandarci – ha aggiunto – se un aumento della nostra capacità di deterrenza non possa essere una parte della risposta” e “se c’è un campo in cui l’Europa può e deve cercare una risposta collettiva è proprio quello missilistico”, potendo tra l’altro approfittare delle competenze già maturate dal comparto industriale. “L’evoluzione tecnologica della minaccia – ha spiegato Pasquale Di Bartolomeo, managing director di MBDA Italia – sarà talmente rapida che è necessario ragionare ora all’evoluzione di sistemi futuri; e questo non lo possiamo fare se non parlando con le Forze armate, con i sensoristi per anticipare o comunque evitare impatti da eventuali limitazioni di spesa”. La difesa comune è un’opportunità da cogliere. La minaccia non aspetta nessuno.

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