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L’assoluzione di Bertolaso insegni alla stampa più cautela

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La vicenda giudiziaria appena conclusa, che vede Guido Bertolaso come parte lesa, è emblematica dell’andamento dei processi mediatico giudiziari nel nostro Paese.

Il processo nell’ottava sezione penale del tribunale di Roma si riferiva a un giro di tangenti per una serie di appalti per il G8 della Maddalena del 2009 (poi tenutosi all’Aquila) e per la realizzazione di opere pubbliche in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Sul piano tecnico giuridico (art. 129 c.p.p.), ciò che più conta del verdetto sull’ex capo della protezione civile è che la sua assoluzione giunga non solo «perché il fatto non sussiste» ma in presenza di un reato prescritto. Ciò significa che l’estraneità di Bertolaso alle accuse che gli erano state mosse su tutti i piani (personale, tecnico, politico) è manifesta e incontrovertibile. Ha ben detto lo stesso Bertolaso che si tratta, insomma, di un’assoluzione doppia.

Ora la difesa cerchi la grancassa, pretenda visibilità, l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio non si risparmi di fronte a ogni occasione di intervista, ne va della sua reputazione. Molto potrà e dovrà fare per ‘curare’ la propria reputazione online.

La sentenza emessa – che vede taluni assolti nel merito, altri prosciolti per prescrizione, altri ancora condannati – dimostra come all’interno della pubblica amministrazione vi sia bisogno ancora di investire molto in anticorruzione e comunicazione trasparente ma spostando l’attenzione dal piano formalistico a quello effettivo. Altrimenti il rischio è che le condotte di alcuni compromettano il ruolo e l’immagine di leali servitori dello Stato. Per non parlare di chi è, comunque, indubbitamente, parte lesa in questa vicenda: la pubblica amministrazione e la sua percezione di fronte all’opinione pubblica.

Casi come quello di Bertolaso dovrebbero però indurre la stampa a maggiore prudenza, invertendo la pessima abitudine di prestarsi quale megafono acritico di tesi accusatorie poi sbriciolate dal confronto dibattimentale o comunque alla prima verifica nel merito. Dov’è l’equilibrio tra il Terzo e il Quarto Potere? Con che criterio viene utilizzato il diritto di critica dagli operatori dell’informazione? Occorre cautela, nella fase di avvio di inchieste e processi, per non rovinare vite, carriere e turbare delicati equilibri istituzionali quando non c’è ancora nulla di accertato. Basta andarsi a vedere i titoli di giornali e telegiornali quando è scoppiata la vicenda, quando Santoro metteva in scena la lettura delle intercettazioni telefoniche interpretate da attori per dimostrare la colpevolezza di Bertolaso. Correva l’anno 2010, quando l’inchiesta è partita. Otto anni meritano il nostro rispetto e l’impegno affinché simili via crucis abbiano fine.

Andrea Camaiora, docente di litigation communication e comunicazione trasparente all’università degli studi di Roma Due “Tor Vergata”

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