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La guerra di spie in Russia continua. Ecco l’ultimo caso

Il Servizio di sicurezza federale russo (l’Fsb) ha reso pubblico il video dell’arresto a Simferopoli di un cittadino ucraino, Konstantin Davydenko, sospettato di spionaggio. Secondo i russi, l’uomo era parte dei Servizi di sicurezza di Kiev e si muoveva in Crimea come spia. L’agenzia stampa russa a controllo governativo Tass ha messo online le immagini.

Secondo l’ufficio stampa dell’Fsb l’arresto è avvenuto nella giornata di domenica: Davydenko pare stesse raccogliendo informazioni da trasmettere ai Servizi speciali dell’Ucraina (noti anche come Sbu). In particolare pare si stesse occupando di monitorare i movimenti crimeani della Guardia nazionale della Federazione Russa (la Rosgvardija).

Questo genere di operazioni non è nuovo: per esempio, a novembre del 2016 l’Fsb aveva arrestato alcune persone inquadrate come una cellula clandestina della Direzione generale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino, i quali – secondo Mosca – si trovavano in Crimea per compiere atti di sabotaggio. Mosca le aveva definite attività terroristiche, il portavoce del ministero ucraino invece definì la vicenda “una soap opera” in cui i russi vedono nemici dappertutto. Dal 2014, diversi altri cittadini sono stati catturati, a volte rilasciati, altre rinchiusi in carcere.

Kiev ha classificato questi arresti come “atti di aggressione” da parte di quella che da poche settimane è definita “nazione occupante” secondo una legge che inquadra così la Russia dopo la presa della Crimea. È chiaro quanto la Russia provi a dare risalto mediatico a questi arresti perché cerca legittimazione nel suo ruolo di garanzia della stabilità della penisola, ed è d’altronde lecito pensare che l’Ucraina  – che rivendica fin dal referendum dopo l’occupazione del 2014 il legittimo controllo della Crimea – possa aver nel territorio crimeano diverse attività di spionaggio avviate. La questione ucraina è un argomento politico da usare con cura.

Il risalto mediatico dato a questi arresti, dunque, può essere anche collegabile a questioni di consenso, in questo periodo di campagna elettorale utile più che mai al Cremlino, che vuole non tanto confermare (cosa praticamente scontata), ma più consolidare la leadership di Vladimir Putin alle prossime elezioni. Per esempio: in un recente sondaggio commissionato dal quotidiano Vedomisti, risulta che la percentuale di russi che approvano il lavoro degli agenti segreti della Federazione ha raggiunto il 66 per cento, rappresentando un aumento significativo di ben 35 punti rispetto a uno studio analogo fatto nel 2001.

Da quando Putin – ex direttore dell’Fsb – è salito al potere, il prestigio del lavoro di spia è salito, anche grazie a una sorta di maquillage che il Cremlino ha fatto delle agenzie. Però, fa notare il giornalista Nikolay Svanidze sull’Echo of Moscow potrebbe non trattarsi tanto del prestigio in sé il motivo per cui quasi la metà dei genitori vorrebbe per i propri figli un futuro nei servizi, ma di una questione di opportunità che la professione apre – i servizi di intelligence, infatti, sono gli ambienti che rientrano di più nelle grazie della presidenza (il termine siloviki, che designa normalmente gli agenti, è diventato rappresentativo della cricca di ex colleghi che circonda il tavolo del potere presidenziale).

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