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Il blocco della nave Saipem e il risiko del gas mediterraneo

La spinosa questione della piattaforma Saipem 12000 bloccata dalla Marina Militare turca da venerdì scorso mentre era in viaggio verso Cipro va letta, innanzitutto, alla luce della centralità che sta assumendo il Mediterraneo orientale nella strategia di approvvigionamento energetico dell’Europa. Con le recenti scoperte di idrocarburi fatte nelle acque del Mare Nostrum, Zohr in Egitto, Afrodite e Calipso al largo delle coste cipriote, si apre la possibilità di potenziare quel corridoio Sud rimasto orfano del South Stream che per l’Italia avrebbe un elevato valore strategico e che andrebbe a controbilanciare la posizione di forza della Germania che con la (possibile) realizzazione di Nord Stream 2 (al momento invischiata nelle consuete controversie tra Commissione Europea, Gazprom , Polonia e Germania) acquisirebbe una consistente posizione di vantaggio diventando il primo punto di approdo del gas russo in Europa con l’Italia che sarebbe costrette ad acquistare il gas russo a un prezzo maggiorato dai costi di trasporto.

Se quel gas potrà essere destinato ai consumi europei, bisognerà trovare un accordo di tipo economico e politico tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo orientale come Turchia, Grecia, Egitto, Cipro, Israele.  Particolarmente complessa è la posizione di Ankara che ha bloccato la nave italiana nelle acque di Cipro. La Turchia è territorio di transito del Corridoio Sud con il gasdotto Tanap che si unisce con il Tap per portare le forniture del Mar Caspio in Europa e  ora teme di vedere indebolita la propria posizione di hub strategico per gli approvvigionamenti energetici e di essere tagliata fuori dallo sfruttamento dei bacini mediterranei. Il Paese anatolico non vede di buon occhio il coinvolgimento di Cipro nel gasdotto East Med  che attingerà dalle enormi risorse di gas offshore del Leviatano, a nord di Israele e ne trasporterà una parte verso l’Unione europea transitando anche per Grecia e l’Italia.

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