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Armi chimiche, così la Russia prova a insabbiare le accuse contro il regime di Assad

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Torna lo spettro delle armi chimiche nella guerra civile siriana. E il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito ieri per discuterne nuovamente, dividendosi secondo le consuete linee – con la Russia da una parte e i Paesi occidentali dall’altra.

Fonti mediche e personale di primo soccorso in Siria riferiscono che domenica nella provincia di Idlib, dopo un attacco governativo nella città di Saraqeb, numerosi civili presentavano sintomi compatibili con l’inalazione di cloro. Radi Saad, dell’organizzazione degli Elmetti Bianchi, ha riferito a Reuters che il gas è stato lanciato attraverso barili bomba, una tecnica ampiamente rodata dal regime in questi sette anni di conflitto.

“Abbiamo resoconti”, ha detto l’ambasciatrice americana Nikki Halay, “che il regime di Assad ha usato cloro contro il suo popolo molteplici volte nelle ultime settimane, incluso ieri. (…) C’è abbondanza di prove attraverso decine di vittime”. Haley si è anche lamentata del mancato consenso, a causa della Russia, sull’approvazione di una risoluzione di condanna di un altro attacco al cloro avvenuto giovedì nell’enclave di Ghouta orientale, che avrebbe ferito oltre venti persone tra cui numerosi bambini.

Ma l’ambasciatore russo Vassiliy Nebenzia ha contrattaccato, sostenendo che “queste dichiarazioni (…) come sempre, contengono ben poca verità mista ad una montagna di bugie”. Nebenzia ha aggiunto che è “completamente chiaro a noi che l’obiettivo è accusare il governo siriano di usare armi chimiche anche quando il perpetratore non è stato identificato”. Nebenzia ha quindi proposto di adottare una risoluzione che non facesse alcun riferimento all’attacco incriminato, e invocato l’intervento di un organismo investigativo indipendente che determini le responsabilità.

In questo momento di ripresa delle ostilità, in cui l’aviazione russa è pienamente dispiegata a sostegno delle truppe di terra di Damasco e dell’Iran che stanno cercando di riconquistare le aree nelle mani dei ribelli, tra cui la provincia di Idlib e la Ghouta, è chiaro che Mosca non ha alcun interesse ad accendere i riflettori internazionali sulle condotte illecite del suo alleato siriano.

Quanto alla richiesta dell’ambasciatore Nebenzia di istituire un organismo investigativo che faccia luce sui fatti, stiamo sfiorando il ridicolo. Dobbiamo ricordare infatti che un’analoga istituzione (Joint Investigative Mechanism) voluta dall’Onu, che ha visto la partecipazione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ha acclarato come in almeno tre occasioni l’aviazione di Assad abbia fatto ricorso ad armi proibite, l’ultima ad aprile nel villaggio di Khan Sheikoun dove è stato usato gas sarin. Ma poiché alla Russia quelle conclusioni non erano piaciute, Mosca preferì ricorrere al veto riuscendo così a non rinnovare il mandato al Joint Investigative Mechanism.

Giacché il governo siriano nega l’uso di armi non convenzionali, la Russia gli offre copertura incondizionata in sede internazionale, riuscendo anche a bloccare in sede Onu l’operato di un organismo di monitoraggio indipendente deputato ad accertare se queste armi siano state usate o meno e da chi, è chiaro che la situazione in Siria è alla paralisi. Se ci sono rapporti sull’uso di armi chimiche, tutti sanno cosa è avvenuto e chi è stato ma nessuno può puntare il dito.

“È una vera tragedia”, ha aggiunto Haley, che la Russia ci abbia riportato al punto di partenza nello sforzo di porre termine all’uso di armi chimiche in Siria. (…) Ma non smetteremo i nostri sforzi di stabilire la verità sul regime di Assad e di assicurare che la verità sia conosciuta e la comunità internazionale possa intervenire”.

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