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Da renziano vi dico perché Renzi su Craxi ha sbagliato. Parola di Minopoli

Non è proprio il caso di esagerare. Renzi su Craxi è stato infelice. Ma non credo volesse nobilitare lo sprovveduto Di Maio, a cui la fanno sotto al naso come ad un pollo sui bonifici dei parlamentari, con accostamenti irriverenti (verso Craxi) e del tutto sproporzionati ed esagerati (verso Di Maio). Negli ultimi tempi, a smozzichi e bocconi, perfino tra gli ex comunisti, con molta ipocrita strumentalità, si è fatta strada una timida revisione del giudizio su Craxi.

È noto che la sinistra italiana è singolarmente puntuale, sulla distanza dei 20 anni come regola, a riconoscere le ragioni delle sue vittime polemiche. Sarebbe singolare che a restare fermo su vecchiezze liquidatorie fosse proprio Renzi. Che non dovrebbe avvertire imbarazzi a riconoscere, nell’opera del leader socialista, più di una filiazione per alcuni pilastri del suo corso politico.

Primo: l’ancoraggio ad una versione, pragmatica e fattiva, del riformismo libera finalmente dai condizionamenti, dalle posture ideologiche, dalle esagerazioni catartiche, dalle prolisse aggettivazioni imposte dalla lunga egemonia del comunismo sulla sinistra che Craxi, per primo, provò a scardinare. Egemonia che si sostanziò in un perenne “riformismo mancato” che non è mai riuscito a garantire alla sinistra italiana l’accesso al governo e la trasformazione sociale garantita in Europa dalle grandi socialdemocrazie.

I cinque anni di Renzi sono la prima volta della sinistra al governo, in autonomia e per una legislatura intera, e con un esperimento sociale che ha segnato, in ogni caso, la realtà di un “riformismo che fa le riforme”: una lunga utopia nella storia italiana.

Secondo: la intuizione di Renzi, nel quadriennio del suo governo (fino al referendum) che i processi di riforma, in un Paese come l’Italia, dovessero completarsi con la riforma politica e della governance (Grande Riforma) ma senza tralasciare l’urgenza della modernizzazione e innovazione del sistema economico. Il referendum sulla scala mobile (un cambiamento epocale della costituzione economica ) è l’analogo del Job Act come svecchiamento e cambiamento delle relazioni sociali.

Infine: la giustizia. È il filo più resistente che lega insieme 30 anni e più di tentativi del riformismo italiano di svecchiare e disincrostare il sistema italiano e rimuoverne le tare. Quando dell’Italia di questo quarantennio si occuperanno gli storici, e non le confraternite politiche interessate, la cosa più interessante sarà la dinamica dialettica tra i tentativi frustrati, i parziali successi e le resistenze, gli arretramenti e smottamenti conservatori (dal 4 dicembre ne stiamo vivendo uno consistente).

In questa rappresentazione storica Craxi e Renzi non saranno collocati su versanti opposti.

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