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Fisco, lavoro, welfare, famiglia, Europa. Ecco i punti all’ordine del giorno per il futuro Parlamento

Di Federico Iadicicco

Un netto cambio di paradigma. Di questo l’Italia e l’Europa avrebbero urgente bisogno. Il dramma del licenziamento di oltre 500 lavoratori italiani da parte dell’azienda brasiliana Embraco, che ha deciso di delocalizzare in un altro Stato membro dell’UE ma con regime fiscale e costo del lavoro molto più vantaggioso come la Slovacchia, impone una riflessione seria su due temi chiave quali la pressione fiscale sulle imprese e il processo di integrazione europea. Non siamo affatto vicini alla fine della crisi, come qualcuno sostiene, dal momento che la crisi economica dell’ultimo decennio non è congiunturale bensì strutturale e non si potrà vedere la luce in fondo al tunnel in assenza di una decisa azione politica di contrasto alla speculazione finanziaria e allo sfruttamento della manodopera a basso costo mediante le delocalizzazioni, vere cause dell’involuzione del sistema economico. Il quadro è reso ancor più complicato dagli squilibri provocati dal dumping fiscale e sociale all’interno del mercato comune europeo.

In un contesto simile, se l’Italia vuole mantenersi competitiva deve affrontare assolutamente la questione della pressione fiscale sulle imprese che è ad oggi la più alta in Europa (intorno al 65%!) e promuovere modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Abolire subito l’Irap e la tassazione sugli utili non distribuiti, facendo rientrare quelli distribuiti in capo al reddito del percettore, coniugare maternità e lavoro detassando completamente le assunzioni in sostituzione di maternità, estendendo il congedo parentale all’80% della retribuzione e coprendo la maternità al 100% della retribuzione. Agevolare la costituzione di organismi paritetici di rappresentanza tra datore di lavoro e lavoratori finalizzati alla cogestione e alla partecipazione agli utili e incentivare forme di welfare aziendale per dare finalmente concreta attuazione a un modello di sussidiarietà in grado di superare l’inefficienza statalista. Il rilancio dell’occupazione, in particolare quella giovanile, non può che passare da questo programma politico di alleggerimento del carico fiscale sulle imprese accompagnato da una visione fondata sull’alleanza del lavoro tra imprenditore e dipendente per il bene comune.

In parallelo, la maggioranza parlamentare e di governo nella prossima legislatura sarà chiamata a ridefinire il ruolo dell’Italia in Europa partendo da un fatto presupposto. L’Unione europea che conosciamo oggi non è affatto quella immaginata dal federalismo popolare di De Gasperi, Adenauer e Schuman, che volevano edificare la Comunità politica dei popoli europei, ma è figlia dell’approccio funzionalista e tecnocratico di Monnet. Perciò è necessario essere realisti e riconoscere il fallimento di questo modello di integrazione, rapportandoci su un piano di parità con gli altri Stati europei. Non abbandonare l’Italia alla mercé di organismi tecnocratici sovranazionali, privi di rappresentanza, significa introdurre in Costituzione la clausola di supremazia per bloccare atti normativi Ue in contrasto con i nostri principi costituzionali, tutelare la produzione agroalimentare Made in Italy dalla concorrenza penalizzante extraeuropea e promuovere infine una Confederazione che metta in comune difesa dei confini e sicurezza interna, salvaguardando la sovranità popolare degli Stati.

Fisco, lavoro, welfare, famiglia, rapporto con l’Europa sono le questioni principali che il futuro Parlamento si ritroverà all’ordine del giorno ed oggi più che mai l’Italia ha bisogno di una classe politica seria, preparata e soprattutto che senta su di sé il peso della responsabilità del futuro della Nazione.

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