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Gli Stati Uniti vanno giù. È shutdown. Per la seconda volta

Meno di tre settimane sono passate dalla mezzanotte del 20 gennaio scorso, una data che Trump non dimenticherà facilemente. L’alba insonne del giorno in cui ricorreva il primo anniversario dall’insediamento alla Casa Bianca fece piombare l’amministrazione nell’incubo del dissesto finanziario per innumerevoli enti federali. Per superare quella crisi fu necessaria una dura mediazione tra i banchi del Congresso e solo il compromesso in materia di immigrazione, con una notevole apertura da parte repubblicana, diede l’impressione a Trump di essersi lasciato alle spalle dopo tre giorni soltanto un ricordo che non avrebbe voluto rivivere.

Eppure, il confronto tra gli schieramenti politici può essere davvero crudele, al punto di far rivivere dopo appena ventuno giorni lo stesso incubo, segnando una circostanza senza precedenti. A causa del mancato accordo tra repubblicani e democratici non è stato possibile votare un sostanzioso provvedimento di rifinanziamento delle attività amministrative americane per il 2018 e alla mezzanotte del 9 febbraio gli Stati Uniti dichiarano, per la seconda volta in pochi giorni, il dissesto finanziario.

La notizia, in realtà, non coglie di sorpresa l’establishment di Washington. Sin dalle prime ore della giornata si susseguivano voci sui numerosi dissidi all’interno dei due rami del Congresso. Da un parte i democratici, ancora una volta pronti ad insistere fino allo stremo delle forze per avere maggiori garanzie in materia di immigrazione, dall’altra un gruppo trasversale di liberali, che non ha gradito l’ingente aumento dei fondi che questo provvedimento avrebbe indirizzato alla Difesa.

Tale situazione sarebbe stata aggravata dalle dolenti fratture all’interno del partito repubblicano. Assai grave la defezione del sen. Rand Paul, repubblicano del Kentucky, che ha utilizzato un escamotage di carattere procedurale per rallentare le operazioni di voto, in aperto contrasto con il suo schieramento di apparteneza. Il leader di maggioranza al Senato, Mitch McConnell, ha bollato come inaccettabile il comportamento di Paul. Alla House, paradossalmente, il quadro è persino peggiore. La strenua opposizione del democratici, ben espressa dall’ostruzionismo in aula della leader di minoranza Nancy Pelosi, è sfociato in una divisione insanabile tra i due gruppi.

Così, passata la mezzanotte del 2 febbraio, non sono stati trovati i numeri per garantire la maggioranza necessaria ad approvare il provvedimento di rifinanziamento. L’incubo di Trump è tornato e l’alba di un nuovo giorno alla Casa Bianca si apre con la parola shutdown che rimbomba fin dentro lo Studio Ovale.

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