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I manager italiani tifano Stati Uniti (che ricambiano)

Altro che Trump go home, i manager italiani tifano per Donald. E gli Stati Uniti ricambiano. L’amministrazione del magnate americano infatti sta aprendo inaspettate opportunità per le imprese dello stivale, a cominciare dalle potenziali praterie che si possono aprire grazie al piani da 1.500 miliardi per le infrastrutture, annunciato la settimana scorsa dal presidente americano (qui il focus di Formiche.net). Di più. L’America piace alle grandi aziende italiane, è vero, ma anche l’Italia ha il suo fascino, come dimostra il caso Ntv, ultima operazione industriale di un certo calibro.

VERSO L’EVENTO DI NEW YORK

Questa mattina presso la sede dell’Enel si è tenuta la conferenza stampa in vista dell’ottavo International business exchange, in programma a New York il prossimo 22 febbraio e che puntualmente chiama a raccolta i manager dei più importanti gruppi mondiali. Sul palco c’erano il ceo Enel, Francesco Starace (nella foto con gli altri manager), l’ad di Terna, Luigi Ferraris, il country officer di Jp Morgan Italia, Guido Nola e Fernando Napolitano, a capo di Italian Business e Investment Iniziative. Un unico filo rosso ha unito gli interventi. A dispetto delle sirene protezioniste, Trump si sta dimostrando per gli investitori esteri una grande occasione.

ENEL A STELLE E STRISCE 

Tanto per cominciare, uno sguardo ai numeri. Negli ultimi tre anni, il gruppo elettrico ha investito la bellezza di 3,6 miliardi negli Stati Uniti, soprattutto nel comparto rinnovabile. E, ha chiarito lo stesso Starace, nei prossimi tre la spesa toccherà i 4,5 miliardi. Perché? Semplice, “gli Stati Uniti rappresentano un mercato molto importante per tutti i nostri principali business, dalle rinnovabili fino alla mobilità elettrica, passando per i sistemi per la gestione dei flussi energetici”. Tutto corroborato da un effervescente circuito di start-up (lo scorso giugno Enel ha aperto all’Università di Berkeley, in California, il suo innovation hub).

IL SENSO DEGLI USA PER L’ITALIA

Ma se è vero che gli Stati Uniti dell’era Trump esercitano un fascino inaspettato sulle grandi industrie italiane (anche Salini-Impregilo si sta muovendo), vale anche la regola contraria. Lo chiarisce lo stesso numero uno di Enel, che non teme le avances dei grandi fondi a stelle e strisce. “C’è una crescente attenzione dei fondi di investimento Usa per noi. La base azionaria cambia nel tempo come una crescita dei fondi Usa che guardano all’azienda non solo dal punto di vista finanziario e dei dividendi ma anche della sostenibilità. Avere azionisti statunitensi, ci fa guadagnare in responsabilità ed efficienza”. Oggi “possiamo dire che è un’esperienza positiva sia per i nostri investimenti in Usa che come opportunità di investimento sulla nostra società”.

IL VOTO NON SPAVENTA GLI USA

Di sicuro, a detta del manager, la campagna elettorale non spaventa i fondi Usa (la cessione di Italo è di una settimana fa). “Quello che si dice in campagna elettorale non è per gli investitori, ma per chi deve votare. C’è una grande differenza con quello che poi si fa”. Tradotto, chiaccherare prima del voto non può nuocere.

IL FISCO DI TRUMP

Un po’ più di cautela Starace l’ha mostrata semmai verso un’altra creatura di Trump, la riforma fiscale. Un’architettura “complessa, che bisogna studiare bene, anche le stesse società americane hanno approfondimenti da fare”. Qualche dubbio, però, c’è. Sicuramente “nel breve termine aiuta, è un beneficio mentre nel medio lungo termine è da valutare”. Il messaggio dell’ad è chiaro. La riforma del fisco è quello che ci voleva perché rende più competitivo il sistema Usa: “A parità di bilancio, negli Stati Uniti si pagano meno tasse rispetto ad altri Paesi. Questo va bene ora, nel breve termine, non so nel lungo, quando ci sarà da fare i conti con il debito pubblico americano, che si avvicina ai livelli di quello italiano”.

NIENTE PAURA DEI FONDI (AMERICANI)

Anche il capo di Jp Morgan Italia, Nola, ha sposato la causa italo-americana, certificando il momento di grande feeling tra i due Paesi, in termini industriali s’intende. “Le imprese italiane non hanno mai smesso di essere interessanti per gli Stati Uniti. Abbiamo visto molta attività degli investitori, soprattutto sul fronte delle infrastrutture”. E anche secondo Nola, le elezioni non devono intimorire più di tanto. “I grandi fondi sono abituati comunque a vedere l’Italia con una certa volatilità politica, ma questo non li ferma e non li preoccupa. I fondi americani hanno un’attitudine innata all’investimento”.

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