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Il dilemma del Cavaliere

centrodestra

C’è tensione a destra, è inutile nasconderlo. Non c’è empatia tra il Cavaliere e Salvini (e nemmeno con la Meloni) e c’è una questione ben più profonda che attiene agli equilibri veri di potere del nostro Paese, tema che naturalmente è caro al fondatore di Forza Italia. Allo stato però sono in campo due elementi massicciamente contraddittori tra loro e questo spiega la tensione evidente. Da un lato c’è una forza elettorale del centro-destra ormai consolidata, che potrebbe renderlo capace di arrivare fino alla maggioranza autonoma nel nuovo Parlamento (tecnicamente difficile ma non impossibile, complice la peggior legge elettorale della storia della Repubblica). Dall’altro c’è una composizione dell’alleanza stessa che vede il Cavaliere soggetto più forte ma comunque costretto, intanto per ragioni numeriche, a fare i conti con alleati che pesano uniti come lui e forse di più.

A tutto ciò si aggiunge un elemento anagrafico non banale, poiché è di tutta evidenza che Salvini e Meloni guardano più lontano di Berlusconi nel concepire la loro avventura politica. In questo contesto si spiegano le polemiche delle ultime ore, con FI e Lega che litigano su condoni e servizio militare, mente il Cavaliere liquida con fastidio la manifestazione di Fratelli d’Italia contro gli “inciuci” aggiungendoci un carico da mille, cioè tornado sull’ipotesi di Gentiloni premier anche dopo il 4 marzo (in caso di risultati confusi).
Arriva poi da Venezia un ragionamento di Renato Brunetta, che in una giornata così può avere effetto dirompente. Dice testualmente il capogruppo di FI alla Camera: “L’alleanza con la Lega, in questi anni e in questa elezioni, è un momento di passaggio verso un soggetto unitario del centrodestra, che rappresenti la forza, la coerenza, di un rassemblement maggioritario nel Paese, al Nord come al Sud”.

Siccome al professore non escono parole a caso, questa garbata e costruttiva riflessione contiene una “bomba” politica di non poco conto, perché questo tipo di progetto, di intenzione, di auspicio, lo si chiami come si vuole, è innanzitutto un poderoso stop a ogni ragionamento sulle larghe intese, che, come è noto, non sono digeribili per Salvini e Meloni. Qui sta tutto il dilemma del Cavaliere e di Forza Italia. Scegliere una linea moderata e governativa, capace magari dopo le elezioni di fare di necessità virtù, sostenendo un governo di intese larghe per dare una stabilità al Paese (con occhi puntati a Bruxelles e Washington) o puntare sulla costruzione di un centro-destra largo o, meglio ancora larghissimo, capace di esprimere una robusta egemonia dalle Alpi alla Sicilia sotto la guida “paternalistica”, diciamo così, di Berlusconi?

Non si potranno fare tutte e due le cose.
Lo sa Brunetta e, soprattutto, lo sa Berlusconi.

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