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Perché l’amministrazione Trump non è negazionista sul clima. Parla l’ammiraglio Lautenbacher

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Nel lungo discorso sullo State of the Union il presidente americano Donald Trump ha tralasciato, forse non casualmente, un argomento non da poco: l’ambiente. Un argomento scomodo, che espone il presidente e i suoi collaboratori ad un fuoco mediatico trasversale, dopo una campagna elettorale in cui il Tycoon ha minimizzato e talvolta negato l’esistenza di un’emergenza climatica. Anche le sue nomine ai vertici delle agenzie federali sono ancora oggetto di scontro politico negli Stati Uniti.

L’ammiraglio Conrad Lautenbacher ha diretto per sette anni, sotto la presidenza di George Bush Jr., una delle principali agenzie del settore: la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Formiche.net lo ha intervistato a margine di un confronto sulle politiche ambientali al Centro Studi Americani, dove è stato invitato a parlare come keynote speaker.

Ammiraglio Lautenbacher, come è cambiata la tutela dell’ambiente sotto l’amministrazione Trump?

Non penso ci siano stati cambiamenti radicali, eccetto che nella retorica. Se guardiamo il quadro generale capiamo che il percorso è lo stesso delle amministrazioni precedenti. Ovviamente cambia se a capo dell’amministrazione ci sono dei liberal o dei conservatori. Ma il modo in cui il governo americano deve agire in concreto non cambia, semmai è la retorica del presidente Trump ad attirare critiche.

È vero che Trump ha nominato ai vertici dell’amministrazione, se non dei negazionisti, degli scettici del cambiamento climatico?

Non lo ha fatto, la maggior parte delle nomine non riguarda scettici del riscaldamento globale, ma persone che hanno una visione equilibrata dei fatti. Certo, qualcuno è stato categorico sul tema, ma mai quanto Trump. Il presidente ha dato il la, ma i vertici dell’amministrazione hanno chiaro in mente quel è il miglio futuro della nazione.

In molti hanno criticato Trump per aver nominato a capo delle agenzie governative persone senza un adeguato background accademico. È il caso di Jim Bridenstine, che Trump ha scelto per guidare la Nasa.

Conosco personalmente Jim Bridenstine, credo che le critiche che gli hanno rivolto siano scorrette. È sempre stato preparato sulle questioni climatiche, è competente, disciplinato, è stato un grande pilota della Marina. Chiaramente Jim viene da una parte del Paese, l’Okhlaoma, che è a forte trazione conservatrice, è stato eletto dai suoi concittadini e deve rappresentare i suoi elettori.

All’interno della Nasa c’è però chi mormora che non abbia le competenze scientifiche adatte a guidare l’agenzia..

Quel che conta davvero è essere dei leader. Molti scienziati non sono grandi leader, e non hanno esperienza manageriale e di comando, a differenza di Bridenstine. Che peraltro padroneggia benissimo temi come il cambiamento climatico, ha capacità politiche, ha seduto nel Congresso per più di tre anni, firmando alcune ottime proposte di legge per migliorare le previsioni meteorologiche. Non credo che per capire la missione della Nasa sia necessario essere degli astrofisici.

Critiche simili stanno piovendo sul nome di Barry Myers, scelto dal presidente per guidare la NOAA.

Conosco Barry molto bene e credo sia la persona ideale da mettere a capo dell’agenzia. Anche lui conosce il clima, è un bravo businessman e manager. Lo hanno criticato ingiustamente, nelle audizioni al Senato hanno cercato di metterlo in difficoltà con le domande, ma Myers ha solide conoscenze scientifiche.

Trump ha dimostrato di avere una preferenza per chi ha saputo emergere nel settore privato.

Il presidente Trump ha cercato persone che hanno avuto successo come businessmen o manager, non c’è nulla di sbagliato nel venire dal settore privato, sono “gli altri” che mi preoccupano di più.

Come ha fatto per le tasse, anche per l’ambiente Trump ha in mente un taglio poderoso dei regolamenti settoriali. Secondo lei negli States c’è stata un’inflazione legislativa, anche in materia ambientale?

Credo che negi Stati Uniti siamo sottoposti a un eccesso di regolamentazione. Molti di questi regolamenti sono state introdotti dalle amministrazioni passate per rimediare a qualche abuso o grave lacuna. Ma a forza di regolamentare qualsiasi cosa ci siamo ritrovati davanti un’enorme pila di fogli. Il presidente deve essere in grado di far passare un ordine esecutivo, e invece per comprare qualcosa il governo deve prima consultare una tonnellata di regolamenti.

Come dovrebbero affrontare il tema del cambiamento climatico le agenzie del governo e la comunità scientifica?

Gli scienziati dovrebbero restare scienziati e i politici dovrebbero fare politica. Mi considero uno scienziato, e posso dire che la scienza è un continuo divenire, e noi scienziati dobbiamo sempre cercare la verità. Non ho mai visto un buon paper che non finisca ponendo nuove domande. Quando ero alla guida della NOAA non ho mai detto a uno scienziato cosa fare, ancora oggi ricevo papers da entrambe le parti, scettici e avvocati del cambiamento climatico. Quel che davvero mi sta cuore è la sostenibilità: se non costruiamo un pianeta sostenibile cesseremo di esistere.

La scelta di Trump di ritirarsi dall’accordo di Parigi sul clima è un viaggio senza ritorno?

Il presidente Trump è una persona flessibile, già in passato ha dimostrato di saper cambiare idea. Lo scorso giugno ha annunciato il ritiro dall’accordo di Parigi. A luglio, quando Macron gli ha chiesto cosa avrebbe fatto per il cambiamento climatico, Trump ha risposto che ci avrebbe pensato. È un presidente che tiene conto di idee diverse, e sa ascoltare le persone.

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