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Fintech, da Bruxelles in arrivo le nuove norme su blockchain e crowdfunding

Fintech

L’Europa, complice la Brexit, non intende perdere il treno della blockchain, il sistema alla base del meccanismo della moneta virtuale più nota al mondo (bitcoin), ma applicabile a una serie di ambiti vastissimi legati alla finanza. Nell’uscita dall’Ue della Gran Bretagna, infatti, sino ad oggi uno dei principali poli fintech europei, Bruxelles sembra aver colto l’importante opportunità di attirare nuovi talenti, capitali e imprese tagliati fuori proprio dalla Brexit.

L’Unione europea, dunque, secondo quanto riportato da Reuters, avrebbe preparato un documento da divulgare per inquadrare e promuovere il fintech, supportando la tecnologia blockchain e promuovendo i processi di crowdfunding. Fra le misure predisposte – ma non le uniche – la creazione del registro decentralizzato e digitale su cui si basano le criptovalute e l’istituzione di un passaporto europeo che consenta alle piattaforme di operare su scala transnazionale.

La tecnofinanza riserva grandi opportunità di investimento. Pur incidendo ancora in maniera marginale sul totale dei mercati dei capitali, il settore cresce a una velocità maggiore rispetto a quella dei mercati dei capitali tradizionali e vede investimenti sempre più consistenti. Modificando la struttura dell’intermediazione finanziaria per come l’abbiamo conosciuta sinora, infatti, vengono notevolmente abbattuti i costi e, al contempo, aumentano quantitativamente e qualitativamente i servizi da offrire ai cittadini.

Ciò che è mancato sino ad oggi non sono state le opportunità di sviluppo del settore, molteplici e dalle ampie ed eterogenee ricadute positive, bensì una regolamentazione univoca che consentisse all’Europa – e di conseguenza anche all’Italia – di non restare indietro rispetto ad altri attori internazionali. La crescente domanda di servizi fintech da parte dei nativi digitali, ad esempio, deve essere cavalcata onde evitare che si perda il treno della digitalizzazione.

Nel solo 2016, a livello globale, sono stati investiti 17,4 miliardi di dollari nel settore fintech. Sul podio degli investimenti, Cina e Stati Uniti, rispettivamente al primo posto con 7,7 miliardi investiti e al secondo con a 6,2 miliardi.

Si registra però, proprio negli ultimi anni, uno spostamento del baricentro delle start up dall’America all’Europa. Secondo una ricerca promossa dall’Osservatorio Startup Intelligence, in collaborazione con PoliHub, e dal tavolo di lavoro Blockchain & Distributed Ledger che ha analizzato 196 start up nate negli ultimi cinque anni e con ultimo finanziamento ricevuto a partire da marzo 2015, infatti, Il 38% delle start up ha sede negli Stati Uniti, il 13% nel Regno Unito, il 19% in Asia e il 32% in Europa. Le start up nate nel biennio 2015-2016, dunque, sarebbero maggiormente localizzate nel Vecchio continente.

Sebbene poi la tecnologia blockchain trovi principale applicazione nella finanza, essa risulta adottabile anche a una serie di ambiti applicativi differenti che vanno dal settore immobiliare a quello energetico, dal comparto agroalimentare a quello delle smart city e dell’Internet of things. Persino sulla questione dell’identità digitale ci sono sperimentazioni interessanti, come quella di Bitnation, che mira a riconoscere identità e diritti ai rifugiati a livello transnazionale, fornendo loro atti di proprietà basati sulla tecnologia blockchain. Anche l’Italia, però, vanta un esempio di apllicazione extra-finanziaria della blockchain. La start up Helperbit, ad esempio promuove donazioni peer-to-peer destinate alle aree colpite da catastrofi naturali.

In un comparto che promette grande sviluppo futuro, infine, una normativa uniforme e condivisa fra i Paesi europei non potrà che aiutare a tamponare i rischi – inevitabili per un settore così innovativo – che esso comporta, primi fra i quali quelli legati alla cyber-security.

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