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Le incognite del rapporto tra Nato e Russia

Di Roberto Zadra
asse iran intelligence russia, mueller,

L’ordine di sicurezza europea instauratosi dopo la fine della Guerra Fredda è stato messo in difficoltà nel 2014 in seguito all’aggressione russa contro l’Ucraina. La Nato ha reagito con fermezza, condannando l’annessione russa della Crimea Roberto Zadra, che dirige la sezione difesa aerea e missilistica integrata della Nato,

Come si svilupperanno i rapporti fra la Nato e la Russia dopo le elezioni presidenziali del prossimo marzo, il cui già annunciato esito è la riconferma di Vladimir Putin al Cremlino?  Azzardiamo una previsione: con lentezza, e con grosse difficoltà.

L’ordine di sicurezza europea instauratosi dopo la fine della Guerra Fredda è stato messo in difficoltà nel 2014 in seguito all’aggressione russa contro l’Ucraina. La Nato ha reagito con fermezza, condannando l’annessione russa della Crimea come illegittima ed illegale e sospendendo ogni cooperazione pratica, civile o militare.

Il vertice di Varsavia del 2016 ha riaffermato la linea di risposta intrapresa, rafforzando la dissuasione e la difesa collettiva, ma allo stesso tempo segnalando disponibilità alla continuazione di un dialogo politico con la Russia. Anche se su scala ridotta rispetto al passato, dal 2015 ad oggi si sono comunque tenute sei riunioni del Consiglio Nato-Russia (Nrc), con discussioni focalizzate sull’Ucraina, l’Afghanistan, la trasparenza e la riduzione di rischi.

EUROMISSILI: ACCUSE RECIPROCHE FRA WASHINGTON E MOSCA

La fase attuale dei rapporti ridotti viene accompagnata da una ripresa delle critiche, da parte della Russia, alla presenza di armi nucleari degli Stati Uniti in Europa, da un inasprimento dell’opposizione di Mosca al progetto di difesa missilistica della Nato in corso (nonostante i tentativi di quest’ultima di rassicurare Mosca che il progetto non è rivolto contro la Russia), e da accuse reciproche fra Washington e Mosca su rispettive violazioni del Trattato Inf sugli Euromissili.

Da qualche anno ormai, gli Stati Uniti accusano la Russia di violare il Trattato Inf sviluppando un nuovo missile da crociera con un raggio superiore ai 500 chilometri (distanza massima consentita dall’accordo), e nel mese di dicembre scorso anche la Nato ha dichiarato che “alleati hanno identificato un sistema missilistico russo che crea serie preoccupazioni”.

La Russia nega e controaccusa gli Stati Uniti di violare a loro volta il Trattato, in parte proprio con la difesa missilistica, attraverso sistemi di lancio basati a terra capaci di contenere non solo intercettori SM-3 ma anche missili da crociera. Per il momento non si intravvedono accordi, ma Stati Uniti e Russia continuano ad esplorare soluzioni negoziate, in parte attraverso le strategic stability talks.

LE MINACCE RUSSE NEI DOCUMENTI STRATEGICI USA

Il dibattito sul Trattato Inf evidenzia un intreccio strategico complesso e complicato, con la deterrenza nucleare, la difesa convenzionale, la difesa missilistica, la non-proliferazione ed il controllo degli armamenti come ingredienti di un piatto difficile da preparare e digerire. Concentrandosi sul trattato Inf si rischia anche di dimenticare che la Russia rimane comunque in grado di raggiungere ogni singolo centimetro quadrato del Vecchio continente con propri sistemi convenzionali e nucleari non proibiti dal Trattato, ad esempio utilizzando missili da crociera lanciati da navi oppure aerei o ancora con missili intercontinentali con traiettorie depresse.

La Nuclear Posture Review (Npr) presentata di recente dall’amministrazione Trump negli Stati Uniti non cambia i toni sulla Russia, in linea con un percorso già annunciato da Washington nella Strategia di sicurezza nazionale del dicembre scorso. Lì si accusava Mosca di utilizzare “misure sovversive per indebolire la credibilità dell’impegno americano in Europa e le istituzioni del Vecchio continente, e di compromettere l’unità transatlantica. Con l’invasione di Georgia e Ucraina, la Russia ha dimostrato la sua propensione a violare la sovranità degli Stati della regione, che continua a minacciare ancora oggi con il dispiegamento di capacità offensive”.

La Strategia di difesa nazionale presentata dal Segretario Jim Mattis a gennaio ha confermato il messaggio, aggiungendo che un ulteriore rafforzamento della Nato rimane prioritario e che “l’Alleanza Atlantica dissuaderà l’avventurismo russo”.

Riflettendo sulla necessità di ulteriori adattamenti dell’Alleanza, alcuni Paesi potrebbero richiedere una revisione del Concetto strategico e della Deterrence and Defence Posture Review, due documenti approvati rispettivamente nel 2010 e nel 2012, in un periodo in cui ancora si sperava in un partenariato strategico con la Russia. Ma esiste anche una scuola di pensiero che preferirebbe non riaprire questi documenti e continuare il percorso intrapreso sulla base di quanto è stato già stato approvato.

A RISCHIO LA COESIONE DELL’ALLEANZA

La Russia ha reagito a muso duro alla pubblicazione della Npr da parte degli Stati Uniti, accusando l’amministrazione Trump di impiegare toni bellicosi e marcatamente anti-russi, e assicurando “di prendere tutte le misure necessarie per garantire la nostra sicurezza”. Reazioni negative influenzate anche dal clima pre-elettorale, con Vladimir Putin che vuole vincere le ennesime elezioni con la sua immagine intatta di uomo forte per la nazione russa.

Dopo le presidenziali in Russia il clima potrebbe anche migliorare, perché c’è chi ritiene che a lungo termine sia Mosca sia Washington dovrebbero avere interesse a trovare dei compromessi. Ma non facciamoci illusioni: alcune spine rimangono grosse, compreso il trattato Inf, la possibilità di un dispiegamento di nuove armi nucleari di raggio corto o intermedio, la difesa missilistica (secondo i piani il nuovo sito americano Aegis Ashore in Polonia dovrebbe passare sotto comando e controllo Nato nel 2019), ed una continuazione del trattato Start sulla riduzione degli arsenali. Senza dimenticare che una delle spine più grosse rimane la situazione in Ucraina.

La nuova e difficile fase che si sta delineando è in un certo senso paragonabile al periodo che avemmo fra il 1979 – quando la Nato decise di modernizzare il proprio arsenale nucleare in Europa in risposta agli SS-20 sovietici – ed il dicembre 1987 – quando Stati Uniti ed Unione sovietica firmarono il trattato Inf a Washington, eliminando una categoria intera di missili balistici e da crociera basati a terra e con un raggio dai 500 ai 5500 chilometri -.

Chi è cresciuto professionalmente in quel periodo ricorda che non fu facile mantenere la coesione nell’Alleanza e contrastare la retorica sovietica ed allo stesso tempo rassicurare le proprie popolazioni, garantendo coalizioni di governo esistenti e senza perdere le elezioni in casa.

Questa volta potrebbe andare meglio, ma potrebbe anche andare peggio. E potrebbe nuovamente durare a lungo. Come dicono gli inglesi, it will probably get worse before it can get better. Ed anche questa volta mantenere coesione ed unità nell’Alleanza rimarrà fondamentale.

Le opinioni espresse in quest articolo sono personali e non necessariamente riflettono posizioni o politiche ufficiali della Nato.

(Articolo pubblicato da Affarinternazionali)

 

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