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Perché fa bene l’Italia (con le parole di Calenda) a scoraggiare la guerra commerciale fra Europa e Stati Uniti

Europa, Calenda

Ci sarà davvero una guerra commerciale? A prendere sul serio le parole del presidente degli Stati Uniti i rischi potrebbero esserci. Gli eventuali dazi su acciaio ed alluminio avrebbero effetti a catena oggi difficilmente prevedibili. E se il fondo monetario internazionale lancia un allarme, se l’advisor economico di Trump minaccia le dimissioni, se istituzioni finanziarie globali come Goldman Sachs sono al lavoro per fornire analisi maggiormente accurate alla Casa Bianca, a reagire in modo particolarmente vibrante è stato quello che – con limiti sempre più evidenti – guida la Commissione Europea.

Le reazioni minacciate da Juncker – lo stesso che ha presagito le reazioni negative dei mercati sul risultato elettorale italiano – hanno avuto il solo effetto per ora di inasprire il tono dello scontro con il comandante in capo con gli Usa. La questione, per quanto ancora virtuale, è evidentemente molto seria. Nessuno immagina che Bruxelles debba avere un atteggiamento prono verso quello che è il partner più strategico sia sul piano militare che su quello economico. Di qui però ad esasperare i toni ce ne passa.

Mentre in Italia siamo tutti alle prese con un appuntamento rilevantissimo come il voto per il rinnovo delle Assemblee parlamentari, è rassicurante sapere che c’è qualcuno che, come si direbbe nel gergo calcistico, “sta sulla palla”. A cogliere esattamente la dimensione rilevante della questione con i relativi pericoli per gli interessi italiani è stato il ministro dello sviluppo economico. Il solito Calenda, sospireranno i critici ancora eccitati per la campagna elettorale. Ebbene sì, tocca riconoscerlo, il solito Calenda ha visto giusto e lo ha scritto (anche lui) su Twitter.

“La scelta di Trump di non escludere dai dazi l’Unione Europea rischia di avere serie conseguenze che vanno oltre quelle economiche. Un’altra frattura in un Occidente già diviso e indebolito. La UE deve avere una reazione misurata per non innescare una guerra commerciale”. Chiarissimo, da sottoscrivere. E quando sul social network gli viene cinguettato se Bruxelles non debba rispondere in modo adeguato, la replica del ministro non si fa attendere. “Credo che ci siano seri rischi di escalation derivanti dall’approccio non prevedibile della controparte. Occorre stare molto attenti. Esportiamo negli Stati Uniti più o meno 40 miliardi con un saldo superiore ai 20. Occorre moderazione e cautela, non alzare livello tensione”.

Calenda parla seriamente e mentre vige il silenzio elettorale c’è da immaginare che abbia avuto modo di confrontarsi anche con il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. La linea della prudenza con la Casa Bianca difficilmente può essere considerata come un’uscita personale, per quanto autorevole, del singolo ministro. In gioco non c’è l’amicizia con Washington, che ovviamente nessuno intente mettere in discussione né in Italia né negli States. Molto più decisiva è la partita interna all’Unione Europea rispetto la quale Calenda, senza cedere alle tentazioni sovraniste, non intende deflettere.

Depositata la polvere della gara elettorale fra i partiti occorrerà che su temi come questi il passaggio di consegne avvenga con la consapevolezza che la posizione del governo non risponde ad una logica faziosa ma corrisponde ad un interesse che può essere condiviso senza divisioni di parte.

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