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Le donne nella Difesa viste dal Regno Unito

L’importanza della partecipazione delle donne nella difesa e nella sicurezza è fondamentale. Non solo nel giorno dell’8 marzo, ma poiché la pace nel mondo non può essere raggiunta facilmente senza il contributo di metà della popolazione, quel 50% troppo spesso trascurato. Una metà che oggi è parte integrante anche delle Forze armate in molti Paesi e che soprattutto in Uk potrà ricoprire anche ruoli di combattimento (come già avviene negli Stati Uniti). Ad aprire alle donne nei reparti di guerra è stato a fine 2017, nel Vecchio continente, il Regno Unito, che era già stato tra i primi Paesi europei a introdurre le donne nelle Forze armate. A Roma, in Villa Wolkonsky, l’ambasciata inglese ha promosso una giornata di discussione sull’argomento. Un appuntamento che rientra in un ciclo di incontri dedicati alla figura della donna in vari ambiti, dal business alla sicurezza e fortemente voluti dall’ambasciatore di sua Maestà in Italia, Jill Morris.

PER JILL MORRIS C’È MOLTO DA CONDIVIDERE CON L’EUROPA

“La situazione del Regno Unito è simile a quella di altri Paesi europei. Ogni settore delle forze armate britanniche è stato aperto alle reclute femminili. I livelli attuali di rappresentanza femminile – ha spiegato l’ambasciatore a Formiche.net – sono del 9% per l’Esercito e la Marina e del 14% per la Royal Air Force (Raf). Sono state predisposte delle misure per aumentare tale percentuale al 15% in tutte le aree entro il 2020. Ci sono molte best practice che possono essere condivise tra il Regno Unito e il resto dei Paesi europei su come ottimizzare il contributo delle donne”. Quanto alla recente introduzione delle donne inglesi in ruoli di combattimento (ground close combat roles), secondo Jill Morris, “non ci dovrebbe essere nessuna ragione per non reclutare donne in questi ruoli. Questo manda un chiaro messaggio che il talento femminile è ampiamente considerato e che il loro contributo rafforzerà l’efficacia operativa delle Forze armate”.

IL VALORE FEMMINILE SECONDO IL GENERALE NUGEE

Il generale Richard Nugee, attuale capo del personale del ministero della Difesa inglese, ha raccontato nel corso dell’incontro a Roma, la sua personale esperienza con le donne soldato negli scenari di guerra, in particolare quando era a capo della missione Isaf a Kabul. “Le donne – ha spiegato il generale – hanno un modo diverso di guardare alle cose, di capire e analizzare i problemi. Un pensiero diversificato è essenziale per ogni Forza armata e questo non lo si potrebbe avere senza la componente femminile”. Poi “c’è una ragione operativa”, ha detto Richard Nugee riferendosi soprattutto alle missioni in Iraq e in Afghanistan a cui lui stesso ha partecipato. “La componente femminile si è dimostrata molto efficace nel rapporto con le popolazioni civili, soprattutto con quelle di religione islamica”.

MONICA SEGAT E L’ESPERIENZA DELLA FORZE ARMATE ITALIANE

In Italia il 5% delle Forze armate è costituito dalle donne. Una percentuale ancora bassa se si guarda all’esempio inglese, ma bisogna tenere conto che l’ingresso è avvenuto a partire dal 2000, quindi relativamente tardi rispetto ad altri Paesi. A spiegare cosa significa far parte delle Forze armate italiane, nel corso dell’incontro a Villa Wolkonsky è stato il primo maggiore donna dell’Esercito, Monica Segat. “Entrare nelle Forze armate – ha detto l’ufficiale, nata tra l’altro nella storica città della prima guerra mondiale, Vittorio Veneto – è stata la scelta più naturale”. “Il combattimento è indipendente dal genere maschile o femminile”, ha spiegato poi ricordando la sua esperienza sul campo. Proprio per questo “le organizzazioni militari devono garantire uguali opportunità a tutti”, evitando di estromettere la componente femminile e anzi perseguendo “l’integrazione delle donne in ruoli close combat”.

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