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Vi spiego perché questa è la legislatura di Di Maio (e meno di Salvini)

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I due vincitori delle elezioni Luigi Di Maio e Matteo Salvini stanno occupando il centro della scena politica: è giusto, fisiologico e, in ultima analisi, necessario.
Non lo fanno però allo stesso modo (fermo restando che hanno opportunamente avviato un dialogo per eleggere i Presidenti di Camera e Senato), ma anzi compiendo scelte stilistiche assai diverse.
Si prendano come campione le due ultime giornate, quella di ieri e quella di oggi.

Giovedì (ieri) Salvini si presenta al mercato di via Pietro Calvi a Milano. Distribuisce volantini di ringraziamento, scatta dozzine di selfie, parla con tutti. Un modo per stare in mezzo al suo popolo ma anche una volontà chiarissima di mandare un messaggio forte e semplice: sono già pronto per una nuova campagna elettorale. Sempre ieri Di Maio va al Quirinale per il ricevimento dell’8 marzo. Riverito e coccolato dall’establishment, si comporta da primo ministro in pectore con l’esplicita volontà di rassicurare tutti, a cominciare dal Capo dello Stato.
Passiamo a oggi, venerdì. Salvini fa una conferenza stampa a Milano per aprire ufficialmente al Pd, proponendo un avvio di trattativa per la formazione del governo. Al tempo stesso però sceglie la linea dura verso Bruxelles, chiarendo che se arriva lui a Palazzo Chigi mette subito mano al taglio delle tasse. Risultato ovvio delle due mosse combinate? La proposta viene respinta al mittente dal Pd, come anche lo stesso Salvini poteva facilmente prevedere.

Di Maio invece riunisce i suoi eletti a Roma e si mette subito in chiave istituzionale, anticipando un atteggiamento costruttivo del movimento sul Def (che dovrà essere varato in primavera), quale che sia il governo in carica. Due città, due stili, due ragionamenti. Ma soprattutto due ben diverse prospettive politiche, perché Di Maio sa che questo è il suo tempo, mentre Salvini pensa l’esatto contrario, cioè che questa non è la sua legislatura. Di Maio coglie la difficoltà di ripetere un così importante risultato, Salvini intuisce che il centrodestra di domani sarà più suo di quello di oggi.

In questa distonia c’è tutta la fragilità della situazione, tanto evidente da far pensare ad alcuni osservatori “speciali” che occorra aprire un minimo cantiere di dialogo tra Forza Italia e M5S.
Innaturale escamotage per tenere in vita la legislatura? Certo che sì. Ma non saranno soluzioni facili a sciogliere i nodi generati dall’orrido Rosatellum. Per venirne a capo ci vorrà molta fantasia, osando ben oltre quanto appariva ragionevole fino alle 22.59 di domenica scorsa.

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