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Summit Ue-Turchia a Varna. Prove di dialogo tra attori e agende incompatibili

cipro, Erdogan

Non si apre sotto i migliori auspici il summit di oggi a Varna in Bulgaria tra Unione Europea e Turchia. Nel fine settimana, la Turchia ha protestato vigorosamente per una dichiarazione dei 28 che al vertice di Bruxelles hanno definito “illegali” le azioni turche contro Cipro e Grecia, facendo nascere un battibecco diplomatico tra Ankara e Bruxelles. D’altronde, che le relazioni tra Turchia ed Europa non siano rosee non è una novità, e negli ultimi mesi si sono moltiplicate le occasioni di scontro tra i due attori.

“L’incontro a Varna sarà probabilmente una delle ultime opportunità per mantenere il dialogo” con la Turchia, ha detto il primo ministro bulgaro Boyko Borissov, che detiene la presidenza di turno dell’Unione ed è uno dei pochi leader europei che crede ancora nella possibilità di relazioni pacifiche e costruttive tra Europa e Turchia.

“Guardo con sentimenti misti al summit di Varna perché la differenza di vedute tra l’UE e la Turchia sono molte”, è stato il commento del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. “Sarà un dibattito franco e aperto”, ha aggiunto, “dove non nasconderemo le nostre differenze ma cercheremo di migliorare la nostra cooperazione”.

Anche dalla Turchia giungono parole apparentemente di disponibilità. Il ministro degli affari europei Omer Celik ha detto che Ankara considera il summit come “un importante opportunità per portare avanti le nostre relazioni” e che si aspetta “lo stesso approccio positivo e costruttivo dall’Ue”.

Ma è difficile che il summit si possa concludere con i risultati auspicati. L’unico capitolo che dovrebbe chiudersi positivamente, ma non senza discussioni accese, riguarda i tre miliardi di euro che l’Europa dovrebbe offrire alla Turchia come seconda tranche di pagamento per l’accoglienza dei rifugiati siriani.

Ma su tutti gli altri dossier, le distanze sono incolmabili. La Turchia vorrebbe un’unione doganale ancora più stretta con i 27, e attende ancora che si mantenga la promessa fattale al tempo della crisi dei migranti di un accesso senza visto in Europa per i propri cittadini. Rimane sempre aperta inoltre la questione dell’ingresso della Turchia nell’Ue, che vede molti partner europei decisamente contrari.

Gli europei d’altronde sono mal disposti verso un paese che sotto Erdogan è precipitato nel gorgo del dispotismo. Nel Vecchio Continente c’è ancora malumore per gli arresti arbitrari compiuti dalle autorità turche dopo il fallito golpe dell’agosto 2016, che ha portato dietro le sbarre almeno 50 mila persone, oltre che per il licenziamento coatto, per lo stesso motivo, di 150 mila tra insegnanti, giudici e soldati. C’è inoltre forte preoccupazione per la stretta sulla libertà di stampa e per i numerosi giornalisti detenuti.

A dividere Turchia e Unione Europea c’è, inoltre, la questione siriana. Gli europei, che mal digeriscono il patto di ferro tra Ankara e Mosca sulla gestione della guerra civile nel Levante, hanno assistito con preoccupazione all’Operazione “Ramoscello d’ulivo” lanciata a gennaio da Recep Tayyip Erdogan contro i curdi siriani dell’Ypg nella regione di Afrin, operazione che ieri il presidente turco ha promesso di proseguire portando i combattimenti nel nord dell’Iraq dove si trovano le basi del Pkk.

Se dunque ci sarà dialogo, sarà tra attori con visioni del mondo e agende incompatibili. Una bella sfida per Juncker, Tusk e gli altri leader Ue che cercheranno di discutere costruttivamente con un leader autoritario oltre che mal disposto nei loro confronti.

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