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Sanzioni e attacco chimico in Siria: crollano i titoli russi, mentre Mosca studia la rappresaglia

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Il primo ministro russo Dmitri Medvedev avrebbe chiesto agli uomini del suo governo di preparare delle misure di rappresaglia contro gli Stati Uniti come ritorsione per le nuove sanzioni che Washington ha alzato contro una serie di figure dell’inner circle del Cremlino.

Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa russa Interfax, Medvedev ha definito le nuove sanzioni statunitensi “inaccettabili e illegittime”, affermando che la Russia si riserva il diritto di rispondere. L’annuncio sarebbe arrivato durante una riunione operativa con i vice premier.

Qualche giorno fa, facendo seguito a un’anticipazione del capo dell’Intelligence Community americana, il dipartimento del Tesoro statunitense aveva ufficializzato misure sanzionatorie contro diversi elementi dell’élite politico-economica che circonda il presidente Vladimir Putin – si tratta di un progetto partito qualche mese fa, noto sotto “Putin List” (o “Kremlin Report”), un tentativo di allontanare alcuni oligarchi dal presidente per destabilizzarne il potere .

Medvedev avrebbe anche dato ordine al governo di elaborare piani di sostegno per questi elementi e per le entità a loro riconducibili, che hanno visto congelarsi gli asset statunitensi e il divieto a qualsiasi americano di farci affari. La decisione sulla lista nera americana è stata una delle mosse più aggressive contro la Russia viste negli ultimi anni.

Per esempio, tra i sanzionati c’è Oleg Deripaska, alleato intimo di Putin e capo di Rusal, principale produttore russo di alluminio: i suoi ricavi hanno origine per il 14% negli Stati Uniti e le nuove misure adottate dal Tesoro americano saranno una batosta non indifferente per il secondo produttore di acciaio più grosso del mondo.

Nelle nuove sanzioni era finita anche la Rosoboronexport, azienda statale che si occupa dell’esportazioni di armi, con la motivazione – ampliata anche agli altri soggetti – di aver preso parte al sistema che ha sostenuto il regime siriano. Qui si incastrano due piani di attualità: da un lato le sanzioni che vanno a punire le attività “malevole” russe (dalle interferenze nelle elezioni, al trolling di stato, fino alla Siria e al caso Skripal), dall’altro gli ultimi fatti di cronaca che arrivano dalla Siria.

Il presidente americano, Donald Trump, ha apertamente tirato in ballo la Russia (e l’Iran) tra i responsabili dell’attacco chimico che ha ucciso decine di civili a Douma, una delle ultime sacche della resistenza ribelle. Mosca ha accusato Israele per l’attacco aereo contro la base siriana T-4 di questa mattina, in apparente rappresaglia per i fatti di Douma; attacco per cui il Pentagono si è tirato fuori con una specificazione: “Per il momento” non stiamo conducendo operazioni in Siria.

Per il momento, però: perché il presidente Trump ha già dichiarato che Damasco e i suoi alleati pagheranno un prezzo molto caro per il massacro. E in parte la materializzazione di questi due piani sovrapposti è già in atto sul mercato finanziario russo.

La borsa di Mosca segna alla riapertura di oggi, lunedì 9 aprile, dopo l’agitato weekend, il più grosso calo dal 2014, quando cioè Mosca ordinò l’annessione della Crimea e per la prima volta in questi anni furono alzate sanzioni internazionali contro la Russia, come fa notare la Bloomberg. E pure il valore del rublo va piuttosto male.

Continuando con l’esempio di Deripaska: il titolo della sua Rusal, sulla piazza di Hong Kong, ha perso il 50 per cento in poche ore – come Rusal, diversi altre maxi aziende russe hanno buscato l’effetto sovrapposto di sanzioni e nuova crisi chimica siriana.

 

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