Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Arresto per terrorismo a Napoli. Quando la minaccia arriva dal web

minniti strasburgo

L’ordine di immolarsi era arrivato via social network, ma la prevenzione antiterrorismo ha funzionato anche stavolta. Un gambiano di 21 anni, Alagie Touray, è stato fermato il 20 aprile all’uscita della moschea di Licola, in provincia di Napoli, dopo che sul social network Telegram era stato individuato un video nel quale il giovane giurava fedeltà all’Isis: il progetto era di gettarsi sulla folla con un veicolo. Il fermo è stato convalidato il 24 quando il gip ne ha ordinato l’arresto con l’accusa di partecipazione ad associazione terroristica “denominata Islamic State o Daesh” e l’operazione condotta da Polizia e Carabinieri è stata resa nota oggi 26 aprile.

IL GIURAMENTO ALL’ISIS

Il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, ha spiegato che Touray era sbarcato a Messina il 22 marzo 2017 con altri 638 migranti, di cui 209 del Gambia, che risiedeva in un centro di accoglienza di Licola e che era titolare di un permesso di soggiorno provvisorio avendo presentato richiesta di asilo ancora da valutare. Il gambiano ha subito ammesso di aver ricevuto su Telegram la richiesta di lanciarsi con un’auto sulla folla aggiungendo però di non averne intenzione. Dichiarazioni da verificare, naturalmente, anche perché su una chat chiedeva ad altri islamici di pregare per lui perché era “in missione”. La formula di giuramento intercettata dagli investigatori non lascia dubbi: “Giuro di prestare fedeltà al Califfo dei musulmani Abu Bakr Al Quaraishi Al Baghdadi, nei momenti difficili e facili, nel mese di Rajab giorno 2 e Allah è testimone di quello che dico”.
L’importanza dell’operazione è stata dimostrata dalla presenza, tra gli altri, del capo della Polizia, Franco Gabrielli, del direttore centrale della Polizia di prevenzione, Lamberto Giannini, e del comandante del Ros dei Carabinieri, generale Pasquale Angelosanto.

SEGNALAZIONE DALLA SPAGNA

L’operazione antiterrorismo conferma alcuni elementi. Innanzitutto l’uso dei social network per diffondere il proselitismo e per incitare singoli individui a compiere attentati. Inoltre, il servizio di messaggistica Telegram resta uno strumento usato dai terroristi che però, dopo essere stato considerato impenetrabile per molto tempo, oggi è intercettabile come conferma l’individuazione del video del giovane gambiano. Alagie Touray aveva registrato il video il 10 aprile usando un telefonino all’interno della mensa del centro di accoglienza: la segnalazione del video è arrivata dall’intelligence spagnola e gli esperti informatici l’hanno recuperato nonostante il gambiano l’avesse cancellato dal telefonino. La reazione degli investigatori è stata praticamente immediata, tanto che Gabrielli ha detto che “l’arresto di questo ragazzo rappresenta il primo caso in cui siamo riusciti a bloccare un individuo sospetto già nell’atto del giuramento all’Isis, scongiurando ogni ipotesi di un possibile attentato. Non facciamo allarmismi, anche perché tutto è stato fatto con grande velocità e cura dei dettagli. Questa è un’ulteriore dimostrazione che la macchina della sicurezza funziona e anche la sinergia tra le forze dell’ordine”. Emerge anche che la collaborazione internazionale, quando c’è, diventa fondamentale.

IL NAPOLETANO AREA A RISCHIO

L’inchiesta conferma inoltre che il Napoletano è una base di potenziali terroristi, come inchieste su appoggi logistici hanno dimostrato in passato. Non molto tempo fa la polizia ha arrestato a Napoli un tunisino accusato di aver fornito documenti falsi ad Anis Amri, l’autore dell’attentato di Berlino poi ucciso a Sesto San Giovanni, e in generale è ormai pacifico che nell’area del capoluogo campano vengono preparati documenti falsi per immigrati clandestini e per terroristi residenti in Europa. Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2017, per esempio, la procura di Napoli ha avuto ulteriori elementi sia dalla scoperta di una stamperia clandestina con 7.500 documenti falsi, che portò all’arresto di un ghanese, sia dalla denuncia di un algerino che accusava la sua ex compagna marocchina di aver procurato 19 passaporti a un pakistano da consegnare agli autori degli attentati di Bruxelles.

×

Iscriviti alla newsletter