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Il contratto di Di Maio? Bene ma da emendare. Parla Giulio Napolitano

Promosso. Ma con riserva. Per Giulio Napolitano, docente di diritto amministrativo all’Università di Roma Tre, il contratto a Cinque Stelle in dieci punti (redatto dal pool di esperti coordinati da Giacinto Della Cananea) con cui Luigi Di Maio punta a siglare il patto di governo con la Lega e il Pd (qui l’opinione dell’economosta Giampaolo Galli) è un ottimo punto di partenza. Se non altro, da non sottovalutare.

“Si tratta di un lavoro prezioso svolto da studiosi seri e autorevoli. Il documento ha il pregio di non tacere l’esistenza di divisioni profonde tra i vari schieramenti. Ma allo stesso tempo può dare un utile contributo al superamento di pregiudizi e blocchi entrando nel merito delle singole questioni”, spiega Napolitano.

Però in ogni analisi politica che si rispetti, bisogna badare anche ai dettagli. E la forma, in questo caso ha la sua importanza. Per esempio, non potrebbe sembrare un minimo bizzarro proporre a un altro partito, nella fattispecie la Lega, un vero e proprio contratto politico? Forse.

“Qui emergono i limiti dell’iniziativa politica assunta dall’onorevole Di Maio. In primo luogo, è arbitrario imputare alla sola Lega posizioni programmatiche che in realtà appartengono all’intero centrodestra. In secondo luogo, il contratto di governo non può essere presentato come un contratto per adesione unilateralmente predisposto da una sola forza politica. Non si tratta soltanto di scendere nei dettagli, come auspica lo stesso documento. È l’impianto generale che andrebbe pienamente condiviso tra le diverse forze politiche, anche aggiungendo e modificando capitoli”, spiega Napolitano.

“In terzo luogo, mi pare difficile avviare vere e proprie trattative senza un formale incarico per formare il governo: incarico per il quale non ci sono predestinati, trattandosi di una prerogativa del Presidente della Repubblica”.

Nel merito del contratto, un cardine del patto di governo grillino è la Pubblica amministrazione, con un taglio secco alla burocrazia. Nulla di nuovo, ma pur sempre la madre di tutti gli ostacoli alla crescita. Eppure, anche qui, Napolitano invita ad andare coi piedi di piombo, senza farsi travolgere da facili entusiasmi. “Le esigenze di semplificazione sono condivise da tutte le forze politiche e soprattutto da cittadini e imprese. Ma le relative misure, anche le più efficaci sulla carta, richiedono credibilità e continuità dell’azione di governo. In questo come in altri casi, la formula generale del governo di cambiamento mi pare un po’ vuota se non addirittura contro-producente”.

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