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Piaggio Aerospace e lanciatori spaziali, il governo esercita il golden power

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In attesa di risolvere il nodo dell’esecutivo, l’Italia un governo ce l’ha. E lo dimostra il Consiglio dei ministri di oggi, intervenuto su due temi sensibili con il ricorso allo strumento del cosiddetto golden power, i poteri speciali dello Stato previsti dal decreto legge 21 del 2012 che prevede la possibilità di esercitare un veto o porre condizioni specifiche all’acquisto (in tutto o in parte) di aziende strategiche per la sicurezza nazionale. Le novità del consiglio dei Ministri, riunitosi sotto la presidenza del ministro per la coesione territoriale Claudio De Vincenti, riguardano la cessione della parte civile di Piaggio Aerospace e il settore dei lanciatori spaziali, che si avvicina al passaggio alla nuova generazione di vettori con il Vega C e l’Ariane 6.

LE CONDIZIONI PER LA VENDITA DEL RAMO EVO DI PIAGGIO AEROSPACE

Il governo ha deciso di modificare le condizioni imposte per la vendita del ramo Evo della storica azienda aeronautica di Villanova d’Albenga, su cui già ad ottobre erano stati esercitati i poteri di golden power su proposta del ministro della Difesa Roberta Pinotti. Allora, era stato lo stesso esecutivo a confermare l’intenzione, da parte degli emiratini di Mubadala (fondo che controlla l’azienda), di vendere il ramo Evo, comprendente il reparto di Ricerca e Sviluppo, di progettazione e di fabbricazione degli aerei civili P-180. Più di recente, l’ad Renato Vaghi aveva confermato le trattative in corso con i cinesi di Pac Investment per la vendita dei diritti di proprietà intellettuale del P.80, insieme al diritto di produrre il velivolo. Il manager aveva comunque assicurato il mantenimento della produzione a Villanova d’Albenga, aspetto che tuttavia non aveva dissolto le preoccupazioni dei dipendenti.

IL PROGRAMMA P.2HH

Intanto, lo schema di decreto ministeriale per l’acquisto di venti droni militari P.2HH dell’azienda è arrivato alle commissioni speciali di Camera e Senato. Il programma attende il via libera definitivo per un valore di 766 milioni di euro fino al 2032. Lo schema di decreto ministeriale era stato già presentato lo scorso febbraio dal ministro Pinotti alle commissioni Difesa. Nessun parere è però arrivato e, scaduto il termine, il governo ha dovuto presentare lo schema alla nuova legislatura. La palla è così passata alle commissioni speciali, le quali intervengono nel periodo di transizione, prima che sia formato il nuovo esecutivo e quindi completati tutti gli organismi dei due rami del Parlamento. Le commissioni avranno ora quaranta giorni per esprimere il proprio parere. Nel caso di un parere contrario o dell’intenzione del governo di non conformarsi allo stesso, l’esecutivo trasmetterà nuovamente lo schema di decreto con le proprie controdeduzioni, per i pareri definitivi che dovranno arrivare entro trenta giorni. Nel caso in cui le commissioni si esprimessero nuovamente con un parere contrario (motivato con la mancata coerenza al Documento programmatico della Difesa), il programma non potrà essere adottato.

LA RICHIESTA DI PARERE E LA PRODUZIONE

In particolare, la richiesta di parere riguarda l’acquisto, dal 2017 fino al 2032, di dieci sistemi (composti ognuno da due velivoli e una stazione di comando e controllo) nonché del relativo supporto logistico integrato (Sli). Il valore complessivo del programma è di 766 milioni di euro, di cui 9,8 nell’esercizio finanziario 2017, e 72 in quello 2018 (dal 2024 saranno 20 milioni l’anno). La produzione degli aeromobili, specifica la documentazione relativa all’esame delle commissioni, si svolgerà principalmente presso gli stabilimenti Piaggio a Villanova d’Albenga, in provincia di Savona. Per quanto riguarda invece i sistemi di comando e controllo, essi verranno realizzati presso gli stabilimenti di Leonardo a Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia. Si prevedono “ampie possibilità in termini di occupazione”.

I DRONI PER LA DIFESA

Nello specifico, la richiesta del governo riguarda l’approvazione al programma pluriennale per “l’acquisizione, comprensiva del relativo sostegno logistico, di aeromobili a pilotaggio remoto della categoria Male (Medium altitude long endurance), e potenziamento delle capacità di intelligence, surveillance and reconaissance della Difesa”. Per Male si intendono quei velivoli a pilotaggio remoto con un peso al decollo di 1.500 chilogrammi, capaci di operare fino ai 14 chilometri di altitudine per un tempo di volo di circa 24 ore. Il programma nasce dall’esigenza di “dotare la Difesa di strumenti particolarmente sofisticati nella raccolta di informazioni inerenti ad un determinato teatro operativo, ovvero per monitorare e sorvegliare vaste aree di territorio e garantire una rapida distribuzione delle informazioni ai centri di comando e controllo e agli operatori al suolo”.

GOLDEN POWER SUI LANCIATORI

Ad ogni modo, l’odierno Consiglio dei ministri ha deciso di esercitare i poteri speciali, “mediante l’imposizione di specifiche prescrizioni”, in relazione alla concessione, da parte di Avio e Ge Avio, di una licenza d’uso relativa allo sviluppo di materiale aerospaziale ad ArianeGroup, nell’ambito di un programma di ricerca congiunto con alcuni partner europei. Avio è l’azienda di Colleferro specializzata in lanciatori spaziali, asset strategico nazionale in termini di accesso allo spazio. La società realizza il Vega, un gioiello tutto made in Italy, e partecipa al più grande Ariane. Attualmente è inoltre al lavoro sulla nuova famiglia europea di lanciatori (Vega C e Ariane 6), a cui si riferisce con ogni probabilità l’esercizio dei poteri speciali da parte del governo. ArianeGroup è difatti il colosso europeo del comparto, già Airbus Safran Launchers, e si occupa proprio del vettore Ariane.

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