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La politica estera di Trump? Non è il cataclisma temuto. L’opinione di Des Roches

Nato golfo muro

David Des Roches è Senior Military Fellow at the Near East South Asia Center for Security Studies. Intervenuto al Centro Studi Americani alla conferenza “Sicurezza e difesa in Medio Oriente”, l’esperto americano ha ricordato gli interessi e gli obiettivi che gli States devono preservare e perseguire nella regione all’interno di una politica estera a “quattro frecce”. Sicurezza energetica, libertà di “navigazione” con la Cina, non proliferazione nucleare con il controllo strategico di Iran e Corea del Nord e violenta opposizione agli estremismi sono i punti principali della politica estera “trumpiana” secondo Des Roches.

Mr. Des Roches, è fiducioso per una risoluzione politica del conflitto siriano?

Non penso che l’Occidente abbia una soluzione politica chiara. Gli Usa classificano la guerra in Siria come un processo politico, mentre la coalizione tra Assad, Russia, Iran ed Hezbollah è vincolata ad una interpretazione del conflitto in chiave strategico-militare.

Quale sarà la prossima mossa dell’amministrazione Trump in Siria?

Il discorso è che gli Stati Uniti non possono abbandonare gli alleati, come lo Ypg (l’Unita di Protezione Popolare) e le Forze Democratiche Siriane. Nonostante ciò, la Casa Bianca non ha una reale visione operativa. Abbiamo chiaramente in mente cosa non può accadere ma non abbiamo una strategia per realizzarlo.

Il futuro della Siria: una decisione già presa con il Patto di Ankara tra Putin, Rouhani ed Erdogan?

Ho paura che il Patto possa avere più successo di una potenziale soluzione trovata da Usa e dalle Nazioni Unite.

Unione Europea: può Bruxelles contribuire a fermare la crisi siriana?

L’Ue è stata giudiziosa finora. Con tutta la Siria distrutta, Bruxelles deve focalizzarsi sull’aspetto umanitario aiutando la popolazione in difficoltà. I civili che vivono invece nei territori controllati da Assad ed alleati devono essere invece supportati direttamente da loro.

Tornando a Trump, può l’attacco della Casa Bianca di qualche giorno essere considerato una “mossa esterna” rispetto alla tradizionale politica estera isolazionista di Trump?

In realtà no, Trump ha sempre cercato di mantenersi al di là della “red line” che lui stesso ha tracciato rispetto alla politica estera di Barack Obama. In secondo luogo, il Presidente è rimasto però coerente con le intenzioni americane di non permettere l’utilizzo delle armi chimiche.

Quale giudizio sui primi quindici mesi di amministrazione Trump?

Un giudizio non negativo, come le persone pensavano sarebbe stato. L’amministrazione ha sicuramente delle difficoltà ma la situazione non è configurabile come un cataclisma come molti credevano.

Le politiche di Trump stanno perseguendo l’obiettivo dell’”America First”?

La policy di Trump non è definibile come “America First” ma guarda principalmente ad un re-orientamento degli obiettivi di politica estera degli USA e dell’avanzamento dei propri interessi. Ci sono stati alcuni successi finora, come l’incremento nei contributi finanziari e militari dei membri della NATO, un confronto unilaterale contro l’aggressione russa in Europa, il fatto che le sanzioni sull’Ucraina siano rimaste in vigore. Quando guardiamo alle politiche USA in Siria ed Iraq non c’è così tanta differenza tra Obama e Trump. C’è bisogno di tempo per assistere a qualche novità su questo fronte.

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