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Siria, la guerra a colpi di melodie e hip hop

La mattina dopo il bombardamento in Siria, un gruppo di sostenitori del regime di Bashar al-Assad hanno suonato strumenti musicali nelle strade di Damasco come segno di protesta contro l’attacco degli Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Sui social network sono stati pubblicati i video di giovani che cantavano melodie della tradizione musicale siriana. Manifestazioni simili si sono registrate ad Aleppo, Latakia, Sweida e Homs.

Negli ultimi sette anni, la vita dei siriani è stata segnata da attentati, bombe e minacce, e le manifestazioni culturali non scappano da questa realtà. Dalla fotografia al teatro, tutti raccontano le dinamiche di una guerra che è diventata epicentro di conflitti e interessi geopolitici globali. La musica non è l’eccezione: lo scontro tra l’esercito di Assad e le milizie ribelli è anche a colpi di canzoni e versi. Il più famoso ritornello, ormai inno dei dissidenti, dice: “Dai Bashar, vattene via. Al diavolo te e il tuo discorso”. L’autore si chiamava Ibrahim Qashoush, ora conosciuto come “l’usignolo della rivoluzione”.  Il corpo di Qashoush è stato trovato senza vita, con le corde vocali strappate, a luglio del 2012 vicino a un fiume. In un servizio della Bbc, alcuni dei suoi compagni sostengono che è stato sequestrato e ucciso dall’esercito siriano.

Il cantante Bu Kolthoum, membro del gruppo rapper LaTlateh, il più famoso del Paese,  sottolinea che molti artisti sono stati uccisi per i suoi messaggi, per cui se si vuole fare arte in Siria contro qualsiasi parte, è meglio non essere troppo diretto. La violenza arriva sia da parte dell’esercito sia dalla parte dei ribelli: “Con le nostre canzoni critichiamo tutto quello che pensiamo è un errore. E questo include anche la rivoluzione, perché nulla è perfetto. Siamo contro la divinizzazione di qualsiasi parte. Non abbiamo una posizione politica perché non crediamo nei politici. Crediamo solo nella logica e nella libertà”.

I musicisti più importanti, dopo LaTlateh, sono Mc RoCo, Dee Kay e Munaqresh, un producer siriano-americano conosciuto come Dub Snakkr, che vive a Beirut.

È molto conosciuto anche Omar Offendum, rapper sirio-americano, che alla rivista Vice ha dichiarato: “La scena dell’hip hop in Siria è settaria quanto la sua politica, e il governo ascolta tutto quello che si sente”. Murder Eyez, nato ad Aleppo e residente in Egitto, è autore della canzone “Revolucion”, un vero successo di visualizzazioni su Youtube. Alla Bbc il rapper ha detto: “La musica è un’arma potente per cambiare i concetti della comunità e mandare dei messaggi agli intermediari”.

Anche tra i sostenitori di Assad ci sono artisti che usano la musica come strumento politico. Un tema pro-regime è “Good Morning Syria” di Ali al Deek. Il più popolare, invece, è Eslam Jawaad, di origini libanesi. Ad ogni concerto indossa una maglietta con la faccia di Assad e canta in arabo: “Sei siriano/mantieni la fronte in alto/i veri uomini della resistenza anti-Israele si mantengono nel covo del leone”.

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