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Il Capo dello Stato e gli scenari per uscire dallo stallo. L’analisi di Lippolis

Vista la difficoltà dei partiti a giungere a un accordo, il Colle può diventare il “motore di riserva” per far nascere un nuovo governo con la sua moral suasion. Dal mandato esplorativo al preincarico, fino ad arrivare al governo del Presidente: tutte le frecce a disposizione di Mattarella per preservare la legislatura spiegate a Formiche.net da Vincenzo Lippolis, docente di Diritto costituzionale italiano e comparato all’Università degli Studi internazionali di Roma, già vice segretario generale della Camera.

Professore, il Presidente Mattarella ha certificato lo stallo nelle trattative tra i partiti per la creazione di un nuovo governo. Quali sono i mezzi a disposizione del Colle per smuovere la situazione?

Tra le opportunità nelle mani del Presidente c’è quella di attivare dei procedimenti che possano influire sugli atteggiamenti dei partiti. Ricordiamoci che ci muoviamo in un campo non disciplinato da norme costituzionali, ma dalla prassi. Guardando al passato il Presidente potrebbe dare un mandato esplorativo a una personalità istituzionale come il presidente della Camera e Senato, che dovrebbe avere ulteriori contatti con le forze politiche.

Sarebbe un modo per offrire un altro po’ di tempo ai partiti?

Il Presidente ha fatto già due giri di consultazioni, non ne può fare uno a settimana. In questo caso affiderebbe a un’altra figura il compito di consultare i partiti e ricercare una soluzione da riportare al Presidente, che a quel punto riprenderebbe in mano la situazione per agire direttamente. Il mandato esplorativo tendenzialmente non porta a un governo di chi riceve il mandato, ma è uno strumento di ausilio al Presidente.

Ci sono altre soluzioni?

Visto che non ci sono le condizioni per un incarico pieno, potrebbe conferire quello che viene definito “pre-incarico”. Questa strada fu seguita da Napolitano all’inizio della scorsa legislatura quando diede l’incarico a Bersani con una precisazione importante: ‘verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale da consentire una formazione di un governo che abbia la fiducia delle due Camere’. Qui si vede la differenza tra i due mandati. Nel mandato esplorativo l’incaricato cerca una soluzione che può prescindere dalla sua persona. Il preincarico viene dato a una persona che cerca di ottenere il consenso della maggioranza delle due Camere per formare lui stesso il governo».

Chi potrebbe avere più possibilità di avere il preincaico: Salvini in quanto leader della coalizione che ha preso più voti o Di Maio che guida il partito con più deputati?

Non esiste una regola predeterminata. Rientra nella discrezionalità del Presidente anche in base alle informazioni raccolte durante le consultazioni. Lo avrà chi ha più possibilità di raggiungere la maggioranza nelle due camere. Come era nel caso di Bersani la scorsa legislatura. Ma c’è un aspetto di cui bisogna tener conto.

Mi dica.

Un aspetto che si può valutare è che quando si parla di maggioranza certa, come fece Napolitano nel caso di cui parlavo, si intende sempre una certezza relativa. La certezza matematica si avrà solo al momento della fiducia. Tra l’incarico e il voto di fiducia molte cose possono cambiare.

Ricordiamoci che il Presidente si muove tra due vincoli, uno positivo e uno negativo. Quello positivo è che se c’è una maggioranza parlamentare il Colle deve nominare una personalità che la rappresenti. Il secondo vincolo, quello negativo, è il divieto di nominare un governo privo di qualsiasi ragionevole speranza di avere la fiducia. Quello che il Presidente non può fare, per intenderci, è nominare qualcuno che sicuramente non avrà la fiducia delle Camere.

Ma potremmo avere un nuovo governo al posto dell’attuale che nasca solo per portarci alle urne anche senza prendere la fiducia delle Camere?

Ci sono tre precedenti in questo senso: i governi Andreotti I e V, e il Fanfani VI che furono esecutivi nominati non con la finalità di ottenere la fiducia ma solo per controfirmare il decreto di scioglimento delle Camere una volta bocciati dalle Camere. In tre casi abbiamo visto nominare un governo per gestire le elezioni. Questo modo di procedere in passato suscitò delle critiche, e infatti appare discutibile. Si potrebbe procedere in questo senso solo con un accordo di tutte le forze politiche, ci si troverebbe di fronte a una sorta di autoscioglimento delle Camere; e in ogni caso il governo Gentiloni potrebbe benissimo rimanere in carica anche per un nuovo periodo elettorale.

Nel caso sia Movimento 5 Stelle sia Lega si rifiutassero di partecipare a un governo del Presidente, non ci sarebbero i numeri per creare una maggioranza parlamentare. È uno scenario probabile o assolutamente impensabile a suo avviso?

Innanzitutto va detto che il comportamento del Presidente Mattarella è da giudicare positivamente. Lui fa bene a esorcizzare una nuova consultazione elettorale. Fa bene perché lo scioglimento è una extrema ratio dei presidenti davanti all’assoluta impossibilità di formare un governo. Tutti i presidenti hanno seguito questa linea, tranne nel caso dello scioglimento da parte del Presidente Scalfaro nel 1994 che si orientò diversamente perché era stata approvata una nuova legge elettorale che lui voleva fosse subito applicata. Mattarella comunque fa bene a compiere ogni tentativo per preservare la legislatura. Nello stesso tempo è evidente che se poi non si riuscisse a far nascere il governo alla fine dovrà prendere atto della situazione. Poniamo il caso che dopo il mandato esplorativo Mattarella dia l’incarico a una figura terza per un esecutivo del Presidente appoggiato da tutte le forze politiche, oppure che cerchi di formare un governo composto esclusivamente da tecnici, in entrambi i casi questo governo comunque dovrà ottenere le fiducia delle Camere. Se anche questo tentativo cadesse, davanti a questo ostacolo non rimarrebbe altra strada che lo scioglimento.

Come può esercitare la sua moral suasion il Presidente?

Se c’è accordo, un accordo tra i partiti, il Presidente è un notaio, registra l’intesa. Se non c’è accordo tra le forze politiche il Presidente può cercare di dare un impulso, tramite la moral suasion. Si comporta come una sorta di “motore di riserva” cercando di far nascere un accordo fino a nominare un governo del presidente, forzando la situazione. Se anche questo tentativo fallisce, rimane solo la strada delle elezioni, di cui però i partiti si assumono la responsabilità.

Avrebbe senso tornare alle urne con questa stessa legge elettorale?

Ci potrebbero essere delle variazioni percentuali tali da non cambiare la situazione, cioè senza arrivare a una maggioranza parlamentare a favore di uno degli schieramenti. Ma è anche vero che alcune di queste variazioni potrebbero far venire meno alcuni veti, facendo aumentare i consensi di una forza politica rispetto a un’altra.

Ha senso parlare di un governo di scopo, magari proprio per fare una nuova legge elettorale?

C’è un esempio di incarico dato con questo obiettivo, fu nel 2008 con l’incarico al presidente Marini, dopo la caduta del governo Prodi. Marini non riuscì a trovare una maggioranza e rinunciò all’incarico. Non ritengo probabile una cosa del genere perché secondo me molto difficilmente si troverebbe un accordo per una nuova legge elettorale, visto che gli interessi tra i partiti sono contrastanti.

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