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La Ue rafforzi la relazione con il Consiglio di Cooperazione del Golfo

Di Francesco Garibaldi
70 anni, Sicurezza

Non ci sarà alcun conflitto diretto tra Stati Uniti e Russia in Siria. Ne è sicuro Ashraf Kishk, direttore del Centro di Studi Strategici, Internazionali ed Energetici di Manara, Bahrain, intervenuto al Centro Studi Americani in occasione del convegno “Sicurezza e difesa in Medio Oriente”. Tra accuse, minacce e bombardamenti che stanno caratterizzando i giorni complicati che stiamo vivendo, Kishk è convinto che l’Unione Europea stia facendo troppo poco nel preoccupante scenario medio-orientale.

Prof. Kishk, il conflitto siriano spaventa il mondo. Cosa fare per porre un “alt” alla crisi?

Quella siriana è diventata una crisi internazionale dopo che, nei primi mesi, si era configurata prevalentemente come un conflitto locale. Infatti, oggi sono coinvolti molti attori che non erano presenti nel 2011, tra cui Stati Uniti e Russia, per poi continuare con Iran, Hezbollah e ciò che resta dei terroristi dell’Isis. Si tratta di un conflitto complesso la cui soluzione verrà trovata quando Stati Uniti e Russia troveranno un accordo sulle varie controversie in gioco, tra cui il futuro del regime di Bashar al-Assad. Non penso che comunque avverrà un “conflitto diretto” tra le due superpotenze.

Quali saranno le potenziali contromisure che l’amministrazione Trump adotterà nei prossimi giorni?

Penso che la “policy” della Casa Bianca sia basata su vari fattori, primo tra i quali il ruolo dell’“environment” interno agli States che sta limitando l’azione di Washington a livello di intervento militare diretto in Medio Oriente. La seconda ragione è che Trump ha già annunciato che qualsiasi nazione voglia giocare un ruolo di primo piano nella regione dovrà necessariamente supportare finanziariamente gli Usa. Come già detto, non penso che l’America interverrà in questa crisi: o farà solamente qualora la linea rossa (“oil security” ed attacchi agli alleati) determinata dalle amministrazioni precedenti verrà oltrepassata.

Libano: un’altra nazione instabile in Medio Oriente. Dopo la crisi governativa che ha coinvolto direttamente il primo ministro Saad Hariri qualche mese fa, quale futuro per il Libano?

Penso che il Libano debba fronteggiare molti problemi dal momento che un compromesso alla crisi in questione non è ancora stata individuata. Se consideriamo il passato, il Libano ha già dimostrato di essere in grado di risolvere situazioni scomode dal momento che è una nazione unita e forte. Sono sicuro riusciranno a trovare la soluzione in casa loro.

Ue: cosa dovrebbe fare la governance di Bruxelles per incrementare il suo peso nella regione medio-orientale?

Le negoziazioni tra Unione Europea e Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) sono spesso difficili da raggiungere. Bruxelles deve rendersi conto che il CCG ha ancora bisogno di alleanze internazionali nella regione. Ora la priorità del Consiglio è quella di continuare la deterrenza nei confronti dell’Iran che sta giocando un ruolo negativo specialmente in Yemen dove sta supportando le milizie Huthi. L’Ue deve mettere pressione diplomatica per frenare l’Iran. Inoltre, Ue e CCG devono trovare un compromesso per ratificare quanto prima l’accordo sul commercio che potrebbe determinare un nuovo corso di rinnovata cooperazione tra le due organizzazioni.

Israele: che ruolo sta giocando Tel Aviv nel conflitto siriano e nell’intera regione?

Penso che Israele abbia beneficiato dalle trasformazioni avvenute dal 2011 al 2018 nella regione medio-orientale raggiungendo vari obiettivi strategici e rafforzando le relazioni con i vari attori internazionali coinvolti. Sono convinto che il ruolo di Israele verrà definito più chiaramente durante le negoziazioni di pace.

 

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