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Le agende politiche e l’affondo del cardinale Pietro Parolin

“Un’agenda politica cristiana comporta la promozione piena e integrale della persona umana, creata a immagine di Dio. Senza offuscarne la dimensione fondamentalmente trascendente e spirituale, che non è qualcosa di secondario ma di essenziale. Papa Giovanni Paolo II lo ha espresso bene nella Centesimus Annus, dicendo che Dio è il fine ultimo di tutte le creature e che per nessuna ragione queste si possono privare della loro dimensione trascendente, che supera la dimensione storica e nel medesimo tempo la realizza”. Sono le parole del segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin, espresse a conclusione dei lavori della conferenza internazionale promossa dalla Fondazione Centesimus Annus – pro Pontifice “Dibattito sulle nuove politiche e stili di vita nell’era digitale”.

“Oggi più che mai noi sperimentiamo nel nostro mondo le conseguenze di agende politiche che trascurano e offuscano del tutto la dimensione trascendente del bene comune e della persona umana, promuovendo beni parziali e interessi nazionali al di sopra e contro il bene comune, producendo effetti negativi che tendono ad avere conseguenze globali. In risposta a queste sfide, la Santa Sede intende promuovere una comune agenda cristiana per il bene comune e radicata nei principi dell’antropologia cristiana”, ha proseguito il porporato.

Parolin ha così citato alcune voci in particolari sulla quale la Santa Sede si trova ad essere in particolar modo impegnata, come ad esempio la protezione della vita umana in tutte le sue fasi, in quanto “è in gioco l’esistenza dell’intera umanità”, e lotta contro la povertà e la promozione dello sviluppo umano integrale, “in contrasto a situazioni endemiche di ingiustizia e di esclusione sociale derivanti da sistemi economici sleali e istituzioni finanziarie senza controllo”. Un metodo, ha spiegato il segretario di Stato vaticano, potrebbe essere quello di “avvalersi del monitoraggio del commercio dei flussi finanziati tra gli Stati, allo scopo di riuscire a superare le disegueglianze economiche di cui siamo testimoni, dove una minuscola porzione di popolazione gode di una quantità grande di ricchezza mentre un grande numero di persone rimane in estrema povertà”. Tale situazione, ha aggiunto, “perdura e si rafforza perché sembra ritornare in auge un egoismo miope e a breve termine, che prescindendo dal bene comune esclude dai suoi orizzonti la preoccupazione non solo di creare ricchezza ma anche di diffonderla ed eliminare le diseguaglianze oggi così pronunciate”.

Su tematiche poi come quelle ambientali, il cardinale ha spiegato che nel dicembre 2015, con gli accordi di Parigi, “la comunità internazionale si trovò concorde nella necessità di uno sforzo perseverante, necessario se siamo realmente preoccupati di lasciare alle future generazioni una casa comune in ordine”. Spiegando però che la situazione non è andata del tutto come ci si aspettava, e che “al presente vi è il rischio reale di perdere lo slancio iniziale scaturito dall’accordo di Parigi. A questo proposito si può riscontrare quanto siano state deboli le risposte politiche internazionali. Il fallimento di così numerosi accordi sull’ambiente dimostra tragicamente quanto le agende politiche siano soggette alla tecnologia e alla finanza”. Come osserva Papa Francesco, ha continuato il porporato, “ci sono troppi interessi particolari, e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti. L’alleanza tra economia e tecnologia finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati”.

Anche se ci sarebbero in realtà numerosi altri aspetti che potrebbero essere considerati, ha spiegato il religioso, come ad esempio “il bisogno di dare una risposta globale ai migranti e ai rifugiati, le costanti minacce ai diritti umani, e le questioni in rapido sviluppo come quelle della cyber sicurezza e intelligenza artificiale”. Su queste, Parolin ha ricordato “che come cristiani non possiamo non agire per la promozione del bene comune”, in quanto “ad essere in gioco è l’autentico benessere della maggior parte di uomini e donne del nostro pianeta, che rischiano di essere confinati sempre più ai margini e scartati dal progresso e dal benessere reale, mentre alcune minoranze mantengono per sé ingenti ricchezze”.

Ma è stato lo stesso Papa Francesco, nel 2015 a Nairobi parlando all’ufficio delle Nazioni Unite, che metteva già in luce la consapevolezza ottimistica che “gli esseri umani sono anche capaci di tornare a scegliere il bene e rigenerarsi”, nonostante a “tale scopo sia necessario mettere l’economia e la politica al servizio dei popoli, dove l’essere umano in armonia con la natura strutturi l’intero sistema di produzione e distribuzione, affinché le capacità e le esigenze di ciascuno trovino dimensione adeguata nella dimensione sociale”.

Una visione socio-politica del tutto condivisa dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, che in seguito al segretario di Stato vaticano si è fatto portavoce di una lunga relazione sul tema di “Un’agenda cristiana comune per il Bene Comune”, giusto prima dell’udienza privata concessa da Papa Francesco ai membri della fondazione, in cui Bergoglio ha rinforzato la riflessione ampiamente sviluppata da Parolin. “Le sfide sociali e finanziarie poste alla comunità internazionale sono diventate sempre più complesse e interconnesse, e le nuove crisi del sistema economico hanno una innegabile dimensione etica, ma sono legate a una mentalità di egoismo e di esclusione che ha generato nei fatti una cultura dello scarto”, ha spiegato il pontefice ai partecipanti. “Lo vediamo nella crescente globalizzazione dell’indifferenza, davanti alle evidenti sfide morali che la famiglia umana è chiamata ad affrontare, e penso agli ostacoli nello sviluppo umano integrale di tanti fratelli e sorelle nei paesi materialmente più poveri, ma anche all’opulenza del mondo sviluppato, o alle questioni etiche legate ai movimenti migratori”, ha aggiunto ancora Papa Francesco.

“Troppo spesso una tragica falsa dicotomia, analoga all’artificiosa frattura tra scienza e fede, si è sviluppata tra la dottrina etica delle nostre tradizioni religiose e gli interessi pratici dell’attuale comunità di affari”, ha infine concluso il pontefice. “Ma vi è una naturale circolarità tra il profitto e la responsabilità sociale: vi è un nesso indissolubile tra un’etica rispettosa delle persone e del bene comune e la reale funzionalità di ogni sistema economico e finanziario. In una parole: la dimensione etica non può essere importata dall’esterno, ma deve emergere dall’interno. Questo obiettivo a lungo termine richiede l’impegno di ogni persona e di ogni istituzione in seno alla società”

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