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Centrodestra al capolinea, Salvini avverte Berlusconi: o noi o Cottarelli

Salvini, governo, berlusconi

Silvio Berlusconi parla come se fosse la Merkel”. Sono bordate come queste che danno il senso della rotta di collisione nel centrodestra. A parlare è Matteo Salvini, che questa mattina in un’intervista a Radio Capital sfoga tutta la sua rabbia per la definitiva chiusura del sipario calata sul governo gialloverde da Sergio Mattarella. La convocazione al Colle di Carlo Cottarelli, l’economista cremonese alla guida dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani conosciuto anche come “mister forbici” per la passione della spending review, già commissario straordinario per la revisione della Spesa pubblica con i governi Letta e Renzi e poi direttore esecutivo del Board del Fondo Monetario Internazionale, non può che acuire la rottura. “Governo Cottarelli? È il governo dei mercati, folle” sbotta in radio il leader del Carroccio, prima di lanciare un ultimatum a Berlusconi: “Se vota per il governo Cottarelli addio alleanza”.

Sarà dunque il parlamento a dare la prova del nove. Non è piaciuto affatto dalle parti di via Bellerio il comunicato del fondatore di Forza Italia, che ieri sera si è schierato dalla parte del presidente della Repubblica, aggiungendo che in questo momento la priorità è “difendere il risparmio degli italiani, salvaguardando le famiglie e le imprese del nostro Paese”. Per Salvini “La nota di ieri era la stessa di Renzi, del Pd”. Intanto Renato Brunetta in un’intervista a La Stampa rompe gli indugi e svela le prossime mosse degli azzurri. Poco importa se il governo Cottarelli non avrà la fiducia dal parlamento, “un governo del presidente potrebbe rappresentare la fase di tregua di cui c’è bisogno”. Segnali di fumo di un prossimo divorzio con i leghisti, che a questo punto rischia di far saltare in aria molte delle alleanze con cui i due partiti governano insieme sei regioni (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise e Sicilia) e ben 21 capoluoghi.

Rimane invece sospeso su un filo Fratelli D’Italia. Giorgia Meloni è stata la prima a lanciare l’ipotesi di un’improbabile messa in stato d’accusa di Mattarella, che ha trovato l’endorsement del Movimento Cinque Stelle ma non di Salvini. Lo scontro istituzionale con il Quirinale però ha segnato un vistoso riavvicinamento tra i due alleati e rende meno improbabile una campagna elettorale di Fdi a fianco di leghisti e pentastellati.

Premesso che un governo Cottarelli, sempre che riesca a partire, avrebbe comunque vita breve, resta da sbrogliare il nodo elezioni. Salvini e Di Maio hanno chiesto al Capo dello Stato di stabilire una data nelle prossime ore, minacciando di scendere a Roma per un’imponente manifestazione di piazza. In queste ore si parla della seconda settimana di settembre. Tre mesi sarebbero il minimo sindacale per tornare al voto. Per una nuova legge elettorale e mettere mano alla legge di bilancio per sterilizzare le clausole di salvaguardia e limitare l’aumento dell’Iva all’ex commissario alla spending review ne servirebbero almeno sei. Quale che sia la data fissata, il ritorno alle urne rischia di trasformarsi in un gigantesco referendum su euro ed Unione Europea, con la Lega pronta a portare di nuovo in palmo di mano Paolo Savona al Quirinale. Alcuni giorni fa Massimo d’Alema in un fuori onda aveva preconizzato a Pietro Grasso un exploit senza precedenti di Lega e Cinque Stelle: “prenderanno l’80% dei voti”. A giudicare dall’ultimo sondaggio di Demopolis del 28 maggio, che fotografa una Lega al 24% e un Movimento fermo al 32,5%, questa volta potrebbe esserci andato vicino.

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