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Il governo Conte e la dura prova della discontinuità

conte

Ieri il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito l’incarico di formare il governo a Giuseppe Conte, il quale ha accettato con riserva. Quest’ultimo atto dovuto ha aperto di fatto le consultazioni con le forze politiche, iniziando ieri dai presidenti della Camera e del Senato.

Due indicazioni sono emerse subito dal suo primo, breve discorso tenuto all’uscita dal Quirinale. Conte ha convalidato il mandato politico di Matteo Salvini e di Luigi Di Maio, parlando di un esecutivo di discontinuità; ha definito il proprio compito come “avvocatura” in difesa del popolo italiano e ha offerto garanzie a Mattarella sulla sua non rottura con le istituzioni europee.

Si è certamente trattato dell’atto più semplice, anche se pieno di emozione, per il potenziale presidente del Consiglio. Adesso lo attendono, infatti, due primi scogli fondamentali, che si riveleranno a pieno nel dibattito sulla fiducia previsto per la prossima settimana, dopo il giuramento.

Il primo è legato alla “strana maggioranza” che sostiene Conte. Se, in effetti, egli è espressione del M5S, di cui è stato già figura di rilievo nella preparazione del contratto, più complesso potrebbe rapidamente diventare il rapporto con la Lega.

Ormai gli atteggiamenti anti-euro dei Cinquestelle si sono smussati nel baricentro più essenziale delle politiche sociali, legate al reddito di cittadinanza. In questo senso, sarà più logico e indolore attenuare gli strappi con Bruxelles che egli, per altro, non sente congeniali al proprio Dna. Avvocato, insomma, ma non giudice dell’Europa, viene di dire. Viceversa, la posizione di Salvini e dei suoi ministri resterà sicuramente molto più indicizzata sulla riaffermazione sostanziale della democrazia nazionale e sulla revisione delle alleanze internazionali, non da ultimo per stare in linea con i movimenti europei di contrasto delle politiche continentali, di cui la Lega sarà alleato alle elezioni del prossimo anno.

D’altronde, il posizionamento internazionale del nuovo governo dovrà chiarire subito se l’Italia guarderà con Conte più ad Est o a Ovest, cioè se andrà più verso Washington o verso Mosca. Molto del destino di questo esecutivo dipenderà perciò dalla composizione selettiva dei ministri, dall’armonia tra dicasteri leghisti e grillini, ma anche da fenomeni esterni alla maggioranza, indifferenti per i 5Stelle e molto rilevanti per la Lega.

L’opposizione del Pd sarà sicuramente dura per entrambe le forze di maggioranza, ma scontata, tutto sommato. Mentre quella dell’ex Centrodestra più incisiva e più influente su Salvini.

Giorgia Meloni ha, invero, accusato il segretario federale della Lega di essere un “traditore” ed è sicuro che Silvio Berlusconi, per ora silente, non lesinerà critiche dure.

Ad oggi è prudente quindi non dare giudizi a priori né negativi né positivi; attendere insomma di vedere questo complesso progetto alla prova dei fatti.

Salvini si gioca tutto: se dovesse andare a sbattere il governo, per lui sarà un fallimento personale, non necessariamente identico per i 5Stelle.

Poter vantare di avere figure di qualità, come Paolo Savona e Giampiero Massolo, contribuirà, in ogni caso, a dare credibilità e forza nella costruzione di una solidità dell’esecutivo tutta da vedere e verificare, sia all’interno della macchina statuale e sia all’estero.

Una stella polare dovrebbe, a ben guardare, riorientare le feroci critiche che i media stanno rivolgendo al nascente gabinetto Conte: questo è l’esecutivo che il popolo italiano ha indicato a livello proporzionale, anche se forse non voluto in senso strettamente maggioritario. L’Italia ha bisogno impellente di un governo per avviare la legislatura parlamentare ad oggi bloccata. Converrebbe, pertanto, dare un minimo di credito prima di infierire.

E chi è preoccupato si rassereni: la nostra Costituzione conferisce pochissimi poteri reali a chi governa, anche se gli offre tante prerogative effettive. Ed è questa una delle ragioni per cui stare a Palazzo Chigi dà tanto potere e tanta impopolarità al contempo.

Difendere la nazione, promettendo discontinuità, è una giusta intenzione, anche qualora il contratto non dovesse essere realizzato se non in parte. Per il resto, si vedrà.

Tanto più che la vera anima di questo governo sarà la forza politica del consenso che Salvini e Di Maio riusciranno a mantenere, al di sopra, o, per meglio dire, al di sotto delle croci quotidiane. Se tale linfa vitale di consenso dovesse sopirsi, è prevedibile che i guai veri cominceranno, come al solito, dall’interno della maggioranza e non dal di fuori.

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