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Salvini e Di Maio sono avvisati. La pazienza dei mercati (e dell’Europa) ha un limite. Parola di Confindustria

Lo stallo politico a oltranza non piace nemmeno un po’ agli imprenditori italiani riuniti in Confindustria. Sarebbe bene che Lega e Cinque Stelle facessero a questo punto un’operazione verità per scoprire le carte sull’esistenza o meno di un accordo politico. Perché l’attesa, dicono gli industriali, rischia di diventare il peggior nemico della ripresa, o quanto meno dei suoi germogli. Questo pomeriggio il direttore del Centro studi di Confindustria, Andrea Montanino, è stato ascoltato alla Camera in audizione sul Def. Che, giova ricordarlo, contiene mere proiezioni di crescita senza alcuna indicazione sulle riforme da intraprendere nelle prossime settimane. Compito che spetterà (forse) a un governo giallo-verde.

Il messaggio degli industriali ai palazzi, comunque, c’è tutto: basta perdere tempo, basta scervellarsi in improbabili (ma pur sempre possibili) convergenze, o salta fuori il governo oppure tanto vale rivotare. “L’inerzia politica potrebbe improvvisamente rendere molto più costoso finanziare questo ingente debito, mettendo a rischio la tenuta economica del Paese. Insomma, i mercati stanno dando tempo all’Italia, ma l’attesa non potrà essere troppo lunga”, ha esordito Montanino. In effetti, a dare un’occhiata al trend delle sedute di Borsa e alla curva dello spread, finora l’Italia è stata quantomeno graziata dai mercati, al netto di un paio di scivoloni sui listini. Però a questo punto è più che lecito chiedersi fino a quando gli investitori continueranno a fidarsi dell’Italia e della sua capacità di finanziare l’enorme debito pubblico.

“Lo stallo politico interno che ha contraddistinto gli ultimi mesi, nell’attuale delicato contesto internazionale, rischia di far perdere all’Italia quanto di buono è stato fatto per avviare la ripresa e consolidare un percorso di crescita robusta e sostenibile” ha attaccato in numero uno del Csc, ex funzionario del Fondo monetario.

Per evitare giornate da incubo con borse in rosso e spread alle stelle, serve un esecutivo che abbia la legittimità del voto del 4 marzo, che ne sia espressione e che soprattutto abbia sufficiente spazio di manovra. Risulta “indispensabile che il nuovo governo abbia un mandato politico chiaro e che sia in grado di agire nel pieno dei suoi poteri. Ne abbiamo bisogno per avere il ruolo che ci compete in Europa, nel gruppo di testa guidato da Francia e Germania, in una fase in cui sono in discussione scelte cruciali per il futuro dell’Europa”.

In Confindustria devono aver cominciato a perdere la pazienza, è evidente, cosa che non ha ancora fatto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. “Abbiamo bisogno di un governo che sappia rassicurare, scelte sbagliate possono complicare, non poco, il collocamento sul mercato dei 400 miliardi di euro in titoli di Stato di cui ogni anno l’Italia necessita per finanziare il debito pubblico”, ha puntualizzato Montanino.

Certo, se poi Matteo Salvini e Luigi Di Maio dovessero riuscire nel miracolo di trovare la quadra, si passerebbe direttamente al secondo livello cioè evitare la corsa allo smantellamento delle riforme degli ultimi 5-6 anni, tentazione tutt’altro che debole per Lega e grillini. “Anche se gli effetti pieni si potranno percepire solo nel tempo, le riforme adottate costituiscono una preziosa eredità per il nuovo governo, che non deve essere dilapidata ma rafforzata. Abbiamo bisogno di un Governo che sia in grado di portare avanti le riforme, essenziali per aumentare il potenziale di crescita dell’Italia. Ne abbiamo bisogno anzitutto perché l’incertezza politica spinge lavoratori e imprese a rinviare le proprie scelte di consumo e di investimento, frenando l’economia”. Per il direttore del Centro studi “bisogna partire da quello che è stato fatto. Le riforme strutturali adottate, pur non avendo ancora prodotto tutti gli effetti auspicati, hanno comunque inciso su alcuni nodi storici del nostro sistema istituzionale e regolatorio”.

Su tutto però, è la conclusione di Confindustria, bisogna ricordarsi chi siamo e dove siamo. Un Paese fondatore dell’Unione e che per primo deve dare l’esempioa altri. Tradotto, niente colpi di calore su euro o sforamento dei parametri sul deficit. “Occorre riscoprire il nostro senso di appartenenza all’Europa senza alibi e pregiudizi” ha proseguito Montantino ed in questo senso “auspichiamo che la risoluzione al Def, sia di maggioranza che di minoranza, fissi alcuni punti fermi: rispetto assoluto degli accordi con i nostri partners europei sul graduale rientro del debito pubblico; impegno a ricercare soluzioni non misure recessive per la tenuta dei conti pubblici; valutazione non ideologica delle riforme che hanno funzionato”.

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