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E il Pd si ritrovò da solo al governo

politica, pd, toscana,

Il destino presenta il conto con rara perfidia. Questo avranno pensato stamattina i vertici del Pd, svegliandosi dopo una notte probabilmente poco adatta al riposo. Già perché adesso si presenta per il Nazareno un vero e proprio scenario da incubo, in parte figlio delle errate scelte di questi mesi.

Riavvolgiamo un momento il nastro per capire di cosa stiamo parlando. Il 4 marzo gli elettori puniscono severamente il Pd, regalandogli un misero 18%, cioè la percentuale più bassa dai tempi di Occhetto. Renzi si dimette ma rimane in pista, anche perché ancora in grado di controllare la maggioranza dell’Assemblea nazionale.

Nasce un dibattito piuttosto surreale, “vinto” dai renziani che impongono la loro linea di opposizione a tutti i costi, in nome del fatto che questa è la volontà degli elettori.
Tesi già stravagante in partenza in verità, poiché quando si vota con la proporzionale nessuno è “per definizione” collocato all’opposizione. Se poi si aggiunge il fatto che il Pd si è posto in alternativa ad una maggioranza tutta da inventare ecco che la fragilità della decisione mostra tutta la sua natura.

Comunque passano le settimane, fino al naufragio di ieri del governo Salvini-Di Maio, raso al suolo dalla decisione del Capo dello Stato di respingere la proposta di Paolo Savona al ministero dell’Economia.

Si giunge così all’incarico conferito oggi a Carlo Cottarelli, che proverà a formare un governo senza nessuna chance di avere la maggioranza in Parlamento, poiché Lega, M5S e (quasi certamente) FI non lo sosterranno.

Finirà così con la beffa suprema: sarà il Pd l’unico partito che in Parlamento dirà “si” al breve governo Cottarelli, realizzando così il capolavoro dei capolavori. Il partito che doveva stare “per definizione” all’opposizione diventa l’unico azionista di un governo con tre mesi (giugno, luglio e agosto, in perfetto stile balneare) di vita, cioè una creatura istituzionale che ci riporta ai lontani tempi della lotta tra correnti della Dc.

Ci pensino molto bene Renzi e Martina, ma anche Franceschini, Gentiloni, Minniti e tutti gli altri prima di dare vita a questo esperimento destinato al fallimento. Così facendo regalano a Salvini e Di Maio una campagna elettorale in discesa, aggiungendo un’altra freccia al loro arco, rendendo cioè sempre più evidente la sovrapposizione tra Pd ed establishment, quanto di meno popolare in questa fase storica. A Palazzo Chigi c’è quel gentiluomo di Paolo Gentiloni.

Resti al suo posto e faccia da lì la sua campagna elettorale, come è giusto che sia. Tutti i primi ministri del mondo sono attori protagonisti in fase elettorale, non c’è niente di male. Anzi, ne trarrebbe beneficio la nostra credibilità internazionale. Faccia il Pd la sua parte per condurre ad esito sensato le vicende che abbiamo davanti.

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