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Legge elettorale, si cambia ancora? L’opinione del prof. D’Alimonte

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Il Partito democratico vive una fase di profonda crisi, confermata dalla pessima performance alle elezioni regionali del Friuli-Venezia Giulia. Ma se i dem non riusciranno a mettere da parte i personalismi scegliendo un leader da seguire le cose si metteranno anche peggio. Ne è convinto Roberto D’Alimonte, politologo della Luiss, dove dirige il Dipartimento di Scienze Politiche e il Centro italiano di studi elettorali (Cise). A Formiche.net il padre dell’Italicum confessa di aver visto un Matteo Renzi in buona forma da Fabio Fazio a “Che tempo che fa“. Dell’ex premier il politologo apprezza in particolare l’audacia riformista: la riforma costituzionale, l’Italicum, e il ballottaggio bocciato dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2017 sono oggi necessari per uscire dallo stallo politico. Anche chi spinge per un ritorno al voto, Matteo Salvini in primis, dovrebbe lavorare a una legge elettorale a doppio turno, avvisa D’Alimonte: con il Rosatellum il centrodestra è ancora lontano dalla maggioranza assoluta.

Professore che bilancio si può fare delle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia?

Il centrodestra è andato molto bene. Ma bisogna sempre tener conto che ha votato meno del 50% contro il 75% che ha votato il 4 marzo. C’è stata una vittoria politica ma il bacino di voti del centrodestra non si è allargato. Le percentuali a volte ingannano, bisogna guardare ai valori assoluti, cioè al numero degli elettori, per capire le dinamiche del voto. Io sono convinto che il calo della partecipazione abbia danneggiato soprattutto il Movimento Cinque Stelle per vari motivi. Lo abbiamo visto anche in Sicilia e in Molise: i pentastellati vanno meglio alle politiche che alle regionali. Attenzione dunque a concludere che il voto dei Cinque Stelle nel Settentrione si è dimezzato, come invece tende a fare qualcuno. Quanto al Pd ha perso ma non è andato male. Anche alle politiche era andato relativamente meglio al Nord rispetto ad altre zone del Paese.

C’è stato però un riassetto degli equilibri interni alla coalizione di centrodestra.

Gli equilibri interni si erano già spostati il 4 marzo, ora il divario tra Lega e Forza Italia si è accentuato, ci possono essere oscillazioni nei prossimi mesi, ma il trend è ormai irreversibile. Salvini è il leader del centro-destra italiano. Sta riuscendo a fare quello che non è riuscito a fare la sua amica Marine Le Pen.

Ospite da Fabio Fazio a “Che tempo che fa” Matteo Renzi ha dato l’impressione di avere ancora in mano le redini del partito. A suo parere il Pd ha ancora un leader?

Il Pd sta attraversando una fase delicatissima perché è un partito acefalo. Questa è un’epoca in cui i partiti si identificano con i loro leader, non averne uno è un grande handicap. I Cinque Stelle hanno Di Maio, e Grillo sullo sfondo, la Lega Salvini, Forza Italia Berlusconi, chi è il leader del Pd?

Renzi sembra sicuro di avere un bel po’ di parlamentari dem dalla sua. Ha detto di non conoscere nemmeno un senatore che voterebbe un’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, a dispetto delle aperture di Martina.

Il Pd deve decidere rapidamente sulla leadership, in questa fase rimanere nell’ambiguità è pericolosissimo. Vedo una grande confusione.

Le è piaciuto il Matteo Renzi apparso negli studi di Rai 1?

La sostanza di quel che ha detto non è sbagliata. Anzi, mi fa piacere constatare che sia tornato finalmente a parlare di riforme costituzionali e di legge elettorale dopo lo shock del 4 dicembre del 2016 con la vittoria del no al referendum. Quel 4 dicembre è stata una sconfitta per Renzi, non per il disegno di riforma delle istituzioni, di cui ancora oggi c’è necessità. Basta guardare alla palude dove siamo finiti.

Ci spieghi meglio.

La necessità per questo Paese ha di una buona legge elettorale e di una riforma costituzionale non è scomparso nel dicembre 2016, e sono contento che Renzi sia tornato sull’argomento lanciando una sfida. Il problema è che al momento non è lui il leader del Pd, ma se pensa di volere essere lui a guidare il partito in questa sfida deve dirlo apertamente  e ritirare le dimissioni. Insomma dentro il Pd esiste oggi ‘una questione Renzi’ che va risolta rapidamente.

Condivide la proposta di Renzi di un sistema a doppio turno sulla scia di quello francese?

Sono d’accordo, l’Italia ha bisogno di sistemi maggioritari a due turni: o di collegio, come quello francese, o di lista, come l’Italicum. Nel primo caso si potrebbe partire dalla legge Mattarella e innestare il secondo turno sui suoi collegi. Nel secondo caso si potrebbe riprendere in mano l’Italicum e ‘costituzionalizzarlo’, cioè inserendo qualche modifica che soddisfi i criteri dettati dalla Consulta nella sua sentenza del Gennaio 2017. Solo così possiamo uscire dallo stallo. Dobbiamo trasferire dai partiti agli elettori il potere di fare il governo dando loro la possibilità di esprimere una seconda preferenza con un secondo voto.

Una parte della base pentastellata rumoreggia per il tentativo di Di Maio di stipulare un contratto di governo con il Pd. Dovrebbe ricordarsene prima di perdere la fiducia degli elettori?

Una parte dell’elettorato dei Cinque Stelle aveva il mal di pancia anche quando Di Maio ha proposto l’accordo con Salvini, fa parte della natura trasversale del Movimento. Qualunque cosa faccia Di Maio in termini di alleanze finisce per scontentare una parte della base. Molti elettori di sinistra hanno votato il Movimento alle scorse elezioni. Non dimentichiamolo.

L’ipotesi di un ritorno al voto si fa concreta. Chi ne trarrebbe vantaggio?

Senza dubbio la Lega. Salvini vuole tornare a votare a settembre con questa legge elettorale e probabilmente con questo governo. È sicuro di riuscire a sfruttare l’ondata positiva delle elezioni regionali e di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi tornando alle urne con il Rosatellum. Io penso che sia molto difficile, può ottenere qualche seggio in più, ma è improbabile che riesca a raggiungere l’obiettivo. Per farlo il M5s dovrebbe perdere molti consensi al Sud a vantaggio del centro-destra.

Ci sono i tempi e i numeri in Parlamento per tornare al voto con un sistema a doppio turno?

Non c’è la volontà politica di approvare un sistema a due turni. Tenga conto che un sistema a due turni, e qui ha ragione Renzi, avrebbe bisogno di una riforma costituzionale per eliminare il rischio di creare due maggioranze difformi nelle due Camere. Nelle attuali condizioni non credo molto alla possibilità di una buona riforma elettorale.

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