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La legislatura è moribonda e non serve accanimento terapeutico: Gentiloni a Palazzo Chigi fino al voto

Tra qualche ora conosceremo le valutazioni del Capo dello Stato, ma la mattina di oggi dice cose abbastanza esplicite sullo stato reale delle trattative per formare un governo a oltre due mesi dalle elezioni del 4 marzo.

I colloqui al Quirinale infatti presentano una caratteristica direi decisiva: i protagonisti (due in particolare, Salvini e Di Maio) parlano lingue diverse, incompatibili e intraducibili tra loro.

Luigi Di Maio esce dall’incontro con Mattarella ribandendo la sua impostazione ieri esposta da Lucia Annunziata: governo con la Lega, Forza Italia in posizione defilata e premier da scegliere con Salvini ma in ogni caso diverso da loro due.

Il capo della Lega Matteo Salvini dice che il centrodestra ha la maggioranza relativa del Parlamento e quindi ha diritto a provarci in autonomia, con lo stesso Salvini in posizione di potenziale premier.

Parole chiare da parte di tutti e due, parole che spingono però a “navigazione” totalmente divergente, come due barche in gara che puntano alla boa con rotte opposte. Di Maio dunque non trova sponda alla sua proposta, Salvini quasi certamente non troverà sostegno in Parlamento al sue eventuale tentativo.

Insomma siamo al 5 marzo, con l’aggravante di un certo logoramento dei rapporti, politici ed umani. A questo punto però occorre una presa d’atto seria e definitiva, perché la legislatura non può essere un paziente sul quale accanirsi in modo poco dignitoso oltre che inutile. Partiti e movimenti della Seconda Repubblica conoscono la sfida del maggioritario, ma ignorano la “moderazione” necessaria per la proporzionale. Se ne prenda atto e si torni a votare, meglio se con una efficace riforma della legge elettorale.

Quanto al governo, vedremo cosa deciderà di fare il Capo dello Stato. Però è di tutta evidenza che non esiste lo spazio politico per un governo “tecnico” di una qualche durata, poiché non troverebbe sostengo in Parlamento all’avvio e men che meno dopo, ad esempio nei passaggi di conversione in leggi di decreti.

Tutto sommato ci pare saggio lasciare il governo che c’è, peraltro guidato da una figura credibile e stimata come Paolo Gentiloni. Il governo del “Presidente” verrebbe inevitabilmente a lui messo in carico e non è proprio il caso. Abbiamo un arbitro di grande valore, lasciamolo fuori dalla mischia.

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