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Nicolás Maduro resta al potere. E ora?

Com’era previsto, il Presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, si è proclamato vincitore delle elezioni presidenziali del Venezuela il 20 maggio. Nonostante l’opposizione venezuelana e molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, abbiano dichiarato illegittimo il processo (irregolare nella data, il metodo e il sistema), il regime di Maduro è andato avanti. Il presidente socialista sostiene di avere ottenuto il 67,7% dei voti contro il 21,2% del principale avversario, Henri Falcón, che solo pochi minuti prima dell’annuncio del Consiglio elettorale nazionale ha detto che si trattava di elezioni fraudolente.

Il dato più significativo di ieri in Venezuela è che – secondo i dati ufficiali – solo 8.603.936 su 20 milioni di elettori sono andati alle urne. L’astensione del 52% dei voti è la più alta dal 1958, quando è cominciata la democrazia venezuelana. Questa cifra, secondo alcuni media indipendenti, è molto gonfiata rispetto a quella reale. Si parla di un’astensione di circa l’82 per cento. Nelle elezioni del 2013, quando Maduro si era confrontato con il candidato della coalizione d’opposizione, Henrique Capriles Radonski, circa il 79,69% dei venezuelani era andato a votare.

Nicolás Maduro ha comunque parlato di un “record storico. Mai in passato un candidato alla presidenza aveva vinto con il 68% dei voti del popolo e mai prima aveva accumulato 47 punti (percentuali) di vantaggio sul secondo candidato”.

La gran parte dei venezuelani che è rimasta a casa è delusa. Tutti, invece, indipendentemente dalla tendenza politica, sono ridotti alla fame. Per i prossimi mesi è previsto un aumento ulteriore dell’inflazione (già a 17.000%) e un’ondata di migrazione, principalmente attraverso le frontiere con la Colombia e il Brasile.

Il governo di Donald Trump, uno dei pochi che guarda con la dovuta attenzione quanto succede in Venezuela, ha annunciato che non resterà inerme. La “vittoria” di Maduro del 20 maggio era prevista, per cui Washington è pronta ad agire. Molti parlano di un rischioso embargo petrolifero che potrebbe chiudere le entrate di denaro per il regime.

Secondo David Smilde, senior fellow del Washington Office on Latin America, è certo invece che il governo statunitense aumenterà le pressioni dopo le elezioni. Ci saranno probabilmente nuove sanzioni contro i funzionari del regime, includendo familiari e soci commerciali. E alle sanzioni americane si aggiungeranno quelle dell’Unione europea, il Canada e altri Paesi latinoamericani. Per Victoria Gaytán, analista di politica estera Global Americans, dopo le elezioni di domenica le limitazioni dovrebbero allargarsi, e non riguardare soltanto gli Stati Uniti. La comunità internazionale ha davanti a sé il dovere morale di non riconoscere il risultato elettorale e imporre nuove sanzioni commerciali, divieto di transito e revoca di visto ad alcuni funzionari del regime venezuelano.

Con la messa in scena di Maduro si è ripetuto il rituale elettorale che cerca di porre ancora una volta la maschera democratica alla dittatura socialista. Ma questa volta (speriamo) il mondo non ci crederà più. L’isolamento internazionale è l’unica speranza per il Venezuela.

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