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Camminare insieme è un’arte da imparare. Il messaggio del Papa ai neocatecumenali

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Incontrando a Tor Vergata tantissimi aderenti al cammino neo-catecumenale Papa Francesco è stato sollecitato da quello che bisogna chiamare non fondatore ma iniziatore del cammino neo-catecumenale, Kiko, a soffermarsi sul male oscuro che tormenta il mondo, in particolare occidentale, cioè le società che sono o sono state abbienti.

Si tratta, anche se Kiko non lo ha detto espressamente, di quel mondo dove l’evangelizzazione è antica, in particolare l’Europa, ma che oggi è afflitta da un male che non sa fronteggiare perché, ha detto, le nostre società non sono più religiose, la gente non va in Chiesa, non si sente più parte della comunità ecclesiale. Questo male, ovviamente, è la solitudine: un male che esiste davvero, ovviamente, e che in parte è connaturato a quell’io prodotto dalle società individualiste, dove la libertà è libertà dal prossimo. Le società individualiste, su questo Kiko ha molte ragioni, vedono sempre di più un “io” così tanto “sovrano” da essere disconnesso dagli altri. Ma le diagnosi corrette non sempre comportano ricette giuste, se queste sono prescritte ideologicamente. Sta qui la radice di tante incomprensioni anche relative al concetto di libertà, alla relazionalità.

Da sempre orgogliosi di chiamarsi “cammino” i neo-catecumenali, come sempre avvinti alle loro chitarre, hanno ascoltato con attenzione la sollecitazione e la raccomandazione di Bergoglio, che gli ha detto: camminare insieme è un’arte da imparare sempre. “Attenti, però, a non dettare il passo agli altri. Occorre piuttosto accompagnare e attendere, ricordando che il cammino dell’altro non è identico al mio. Come nella vita nessuno ha il passo esattamente uguale a un altro, così anche nella fede e nella missione: si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia, uniti, come Chiesa, coi Pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento. Proprio come pellegrini –  ha aggiunto Francesco, che accompagnano altri fratelli e lo fanno – con cura e rispetto per il cammino di ciascuno e senza forzare la crescita di nessuno, perché la risposta a Dio matura solo nella libertà autentica e sincera”.

Quello di Bergoglio è un vero cammino insieme, non impone il passo, i tempi, i ritmi del capofila. E infatti dimostrandosi attento come sempre all’inclusione e non all’esclusione il papa ha sottolineato: “ il Signore è di casa presso ciascun popolo e il suo Spirito ha già seminato prima del vostro arrivo”. Siate dunque “appassionati di umanità, collaboratori della gioia di tutti, autorevoli perché prossimi, ascoltabili perché vicini”, ha insistito. “Amate le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti.” Ma la vera lezione di umanità, di cultura non ideologica ma evangelica, Bergoglio l’ha data ai neo.catecumenali subito dopo. “Non partite dalle teorie e dagli schemi, ma dalle situazioni concrete: sarà così lo Spirito a plasmare l’annuncio secondo i suoi tempi e i suoi modi”. Nella visione della misericordia Bergoglio sa benissimo che nessuno è preventivamente o definitivamente perso.

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