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Vi spiego perché è così difficile scegliere un premier “terzo”. Parola di Polillo

elezioni, programma

Perché è così difficile trovare un Presidente del Consiglio “terzo”? Innanzitutto perché questa figura non rientra nel profilo tracciato dalla nostra Costituzione. L’articolo 95 ne prevede con esattezza ruoli e funzione. Egli “dirige”, infatti, “la politica del Governo e ne è responsabile”. Nello schema dell’accordo alla tedesca invece questa responsabilità “effettiva” è delegata ai responsabili dei due partner che costituiranno la golden share del futuro governo.

Ma in Germania? Si potrebbe obiettare. In quel di Berlino il timone è saldamente in mano ad Angela Merkel, di cui si riconosce la piena egemonia. L’Spd esercita solo una funzione di contrappeso, onde evitare derive troppe liberiste e con uno scarso respiro sociale. Il contratto sottoscritto tra i due partiti altro non era che la certificazione, quasi notarile, di quel diverso rapporto di forza.

In Italia non potrebbe succedere la stessa cosa? Forse, ma gli ostacoli sono maggiori. A partire dalla diversa quantità di risorse finanziare che sono a disposizione dei due Paesi. L’attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti della Germania supera i 300 miliardi di euro. Quello italiano intorno ai 50. Siamo a sei volte tanto. Al tempo stesso, il tasso di disoccupazione tedesco è frizionale. Poco più del 3,5 per cento. In Italia siamo all’11 per cento. Se consideriamo queste cifre come una delle espressioni massime del disagio sociale, è facile vedere il fossato che divide le due realtà è quanto più ampi siano i margini per una possibile mediazione.

C’è poi una seconda variabile da considerare. L’opposto punto di partenza dei due alleati italiani. Forte produttivismo da parte della Lega Nord. Decisa azione sociale – il salario di cittadinanza – da parte dei 5 Stelle. I primi con un occhio rivolto principalmente ai territori del Nord. I secondi preoccupati soprattutto per il Mezzogiorno. Il contratto di governo dovrebbe consentire un mix tra le due diverse proposte politiche, ma ad una condizione: il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e delle regole europee.

L’operazione non è impossibile, se gestita con intelligenza ed in un arco di tempo conseguente. Richiede tuttavia un complesso di azioni collaterali che dovrebbero essere previste nello stesso contratto. Che non può contenere solo proposte legislative, ma misurarsi con i numeri della realtà italiana. Alcuni dei quali sono noti (deficit, debito e via dicendo), nelle previsioni del 2019; ma altri, a partire dal tasso di crescita dell’economia, sono terre incognite. Per cui una programmazione di lungo periodo, anche se contrattualizzata, reca in sé margini di approssimazione che possono essere corretti solo strada facendo.

Ed ecco allora l’importanza della figura del presidente del Consiglio, come tratteggiato dalla Costituzione. Spetta infatti al Primo ministro mantenere l’indirizzo della politica governativa. Una prerogativa che si esalta specialmente nei momenti di turbolenze politiche. Quando può ricorrere alla minaccia delle sue dimissioni per determinare la caduta dell’intero Governo. Cosa che, almeno in teoria, potrebbe non succedere se a dimettersi fosse uno dei due leader che sorreggono la maggioranza. In questo secondo caso, l’eventuale caduta del governo potrebbe avvenire solo dopo un voto di sfiducia da parte del Parlamento, per mano della forza politica, il cui leader si è dimesso.

Se si tengono a mente queste regole, si spiega quanto sia difficile trovare un Presidente “terzo”. È una figura che non esiste, per così dire, in natura. Ma va inventata in quel laboratorio che vorrebbe essere la Terza Repubblica. Nessun limite alla fantasia: per carità. Comunque auguri.

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