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Pre-giudizio e giudizio

L’esercizio del giudizio storico permanente ci permette, anzitutto, di essere realtà-nella-realtà. Si può dire che tale esercizio dura lungo tutta la nostra vita perché esso è l’essenza della vita stessa. Il giudizio storico è l’atto della nostra responsabilità cognitiva. C’è un momento, nella nostra vita, in cui possiamo smettere di conoscere ? Possiamo smettere di ri-nascere nella realtà ?

Di fronte alle oggettive difficoltà generate nell’attuale fase della globalizzazione, molti pensano di rinchiudersi nel già noto, nel maturato, nell’acquisito; c’è una rassegnazione che diventa radicalizzazione,  un atteggiamento di fuga dalla realtà che diventa exit. Esercitare il giudizio significa percorrere il campo dell’oltre, problematizzare le nostre certezze, anzitutto de-dogmatizzandole, a cominciare dalla nostra identità. Si tratta di un percorso tortuoso, contraddittorio , rischioso; l’esercizio del giudizio ci porta fuori dal nostro particolare per ri-pensarlo, per ri-definirlo (definirlo dinamicamente) in chiave di progetto, di nostro ruolo-nel-mondo.

Si può giudicare solo conoscendo, cioè ri-nascendo nella realtà-che-è; al contrario, quello che chiameremmo giudizio sarebbe di fatto un pre-giudizio, giudizio senza conoscenza. Se guardiamo alla nostra vita, noi giudichiamo il differente (l’altro-DI-noi) e ci lasciamo giudicare;  invece, pre-giudichiamo il diverso (l’altro-DA-noi)  e non accettiamo di farci pre-giudicare da lui.

Il diverso, il pre-giudicato, è il nemico oggettivo, colui che non sembra appartenere alla nostra stessa umanità.

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