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La sfida diplomatica del rapporto con la Cina per il quarto mandato di Putin

Di Eleonora Tafuro
mediterraneo daghestan, Russia, Putin

Quando l’Unione europea e gli Stati Uniti annunciarono le proprie sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea nel marzo del 2014, una delle reazioni di Mosca fu l’annuncio di uno storico accordo energetico con la Cina dal valore di 400 miliardi di dollari. L’accordo prevede che per trent’anni Gazprom consegnerà il gas russo alla Cina a un prezzo favorevole per Pechino; più in generale, l’accordo segnala, nelle intenzioni del Cremlino, la “svolta a est” della Russia. A tre anni dall’accordo, l’alleanza tra Russia e Cina è in effetti oggetto di un’attenzione sempre crescente.

Oltre alla cooperazione economica ed energetica, la cooperazione militare desta grande curiosità e, probabilmente, timori: insieme, infatti, Mosca e Pechino formerebbero la potenza militare più forte al mondo e sarebbero in grado di spostare gli equilibri mondiali a loro favore, sancendo il tramonto definitivo dell’egemonia occidentale e, soprattutto, statunitense. Ma su cosa si basa e quant’è solida l’alleanza tra i due Paesi? Uno sguardo ravvicinato rivela, infatti, che la partnership sino-russa è in realtà molto più fragile e complessa di quello che i leader di entrambi i Paesi lascino intendere.

Sebbene la Cina e la Russia abbiano iniziato a migliorare i loro legami sin dagli anni 90 attraverso una serie di partnership, la collaborazione si è particolarmente intensificata negli ultimi anni. Le relazioni commerciali sino-russe sembrano essersi rafforzate nel 2017; gli scambi commerciali sono aumentati del 20,8%, salendo a 84 miliardi di dollari, secondo i dati diffusi a gennaio dall’autorità doganale cinese. Dal momento che le esportazioni di petrolio rappresentano la maggior parte delle esportazioni russe verso la Cina (52% nel 2016), il recente aumento dei prezzi del greggio probabilmente ha determinato l’aumento del valore delle esportazioni della Russia.

Sullo scacchiere internazionale, Russia e Cina perseguono una politica estera fondamentalmente autonoma, ma vi sono importanti elementi di convergenza. I due Paesi hanno parlato pubblicamente delle prospettive di cooperazione, sostenendo istituzioni multilaterali come la Shanghai cooperation organization che sono un’alternativa all’ordine guidato dagli Stati Uniti, o su singole questioni di politica estera che vanno dalla Siria alla Corea del Nord.

Uno studio del Parlamento europeo sulle tendenze di voto all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite conferma che Russia e Cina tendono ad allinearsi in difesa di princìpi comuni, quali la sovranità nazionale e l’opposizione all’azione unilaterale statunitense. Per quanto riguarda le esercitazioni militari, la Cina e la Russia hanno condotto operazioni navali congiunte ogni anno dal 2012. Nel 2017, le esercitazioni tenute per la prima volta nel Mar Cinese meridionale, un’area tradizionalmente contesa, sono state interpretate da molti come segnale inequivocabile di una svolta nelle relazioni tra Russia e Cina, ma anche negli equilibri di potere globali. Tuttavia, la relazione tra le due potenze è fortemente asimmetrica e vede la Cina come il partner indubbiamente più forte. Lo spostamento del potere relativo a favore della Cina è particolarmente chiaro quando si esaminano le relazioni economiche.

Con un’economia fortemente indebolita dall’abbassamento dei prezzi del petrolio e dalle sanzioni occidentali, la Russia appare di gran lunga meno dinamica. Nel 2017, il Pil russo ha visto una leggera ripresa, crescendo dell’1,5%, ben lontano dal 6,9% cinese. E anche l’aumento del commercio bilaterale va contestualizzato, visto che entrambi i Paesi commerciano più con l’Ue che l’uno con l’altro. Non è nemmeno scontato che la Cina abbia bisogno anche dell’energia russa. Bobo Lo, un esperto australiano sulle relazioni sino-russe, ha notato che la Cina ha una grande flessibilità nell’usare i mercati aperti e potrebbe sostituire il petrolio e il gas russo con relativa facilità, se necessario.

Una certa gerarchia sembra essere presente anche in ambito politico: nonostante le fanfare, Vladimir Putin sembra a stento soddisfatto del ruolo della Russia come partner “junior” e probabilmente è allarmato dalle relazioni inaspettatamente strette tra Xi Jinping e Donald Trump. La Russia è alla disperata ricerca di un modo per arginare l’influenza cinese in Asia centrale, ma lo strumento principale per farlo, l’Unione economica eurasiatica, ha perso molto della sua attrattività a causa dello stato dell’economia russa.

Lo stato di costante crisi con l’occidente, aggravato dal recente affare Skripal, sembra determinare un futuro rafforzamento del vettore orientale – soprattutto cinese – della politica estera russa. Ciò è dovuto sia alle opportunità economiche legate al dinamismo cinese sia a una sostanziale vicinanza ideologica e una comune prospettiva pragmatica e stato-centrica. Ma, per quanto la relazione venga spesso descritta in termini quasi idilliaci, lo squilibrio esistente sembra pesare a Mosca. Gestire il rapporto con la Cina è, dunque, una delle tante sfide diplomatiche che Putin dovrà affrontare durante il suo quarto mandato.

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