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Via le sanzioni alla Russia? Di Maio e Salvini insistono (con il colbacco)

lega, crisi

Dopo la pubblicazione di una prima versione del “contratto del governo del cambiamento” i mercati e gli osservatori internazionali sono saltati sulla sedia alla lettura di previsioni alquanto stravaganti. Fra queste, a destare una particolare preoccupazione vi era il capitoletto dedicato agli Esteri. Pochissime e assai deludenti righe in cui, fatta una formale e irrilevante promessa di fedeltà atlantica, si spiegano le ragioni del matrimonio con la Russia. I legami di Putin con Salvini e con il Movimento 5 Stelle sono giornalisticamente noti e la loro alleanza di governo non avrebbe potuto che avere l’effetto di avvicinare (ulteriormente) il nostro Paese con l’ex Unione Sovietica. Da qui però a farne il caposaldo della politica estera italiana è tutt’altra cosa. L’impegno al “ritiro immediato delle sanzioni” aveva così determinato un allarme diplomatico molto forte.

Uscita la nuova bozza (pubblicata dal sito del Corriere), in molti erano accorsi a vedere se quel paragrafo era stato cambiato come per la verità ci si attendeva. Invece no. È rimasto intonso così come l’idea di “rivalutare le missioni internazionali”, altro tema delicatissimo nel rapporto con la Nato ed il Pentagono ma anche vitale per l’interesse delle forze armate italiane (leggi qui l’intervista al generale Tricarico).

Si tratta di una scelta certamente coraggiosa che già l’amministrazione Usa aveva anticipato essere non priva di conseguenze nell’ambito delle relazioni dell’Italia con l’Unione europea, la Nato e gli stessi Stati Uniti d’America. Neppure Orban, il presidente ungherese tanto amato da Salvini e considerato come un filo-Putin, aveva messo in discussione le sanzioni alla Russia, pur esprimendo la volontà di arrivare a quell’esito dentro un percorso condiviso a Bruxelles.

“La partecipazione all’Alleanza Atlantica e la scelta unilaterale di far decadere le sanzioni alla Russia non sono scelte compatibili fra loro”, aveva ammonito da Villa Taverna Paolo Messa, il direttore del Centro Studi Americani (ed editore di questa testata).

Se la versione finale del contratto di governo non sarà cambiata avremo un fatto del tutto nuovo per la politica italiana: nel 70° anniversario del Piano Marshall il nostro Paese potrebbe lasciare la Nato per il Patto del Cremlino (versione aggiornata del fu Patto di Varsavia). Allacciare le cinture di sicurezza.

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