Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Così Trump mette la diplomazia sotto stress-test sulla Corea del Nord

Trump, Cina, naso sanguinante, congresso

Stamattina la televisione dell’Associated Press ha intercettato Kim Yong Chol, ex capo dell’intelligence e vice presidente della Commissione Centrale del partito unico di Pyongyang, all’aeroporto di Pechino. Il messo nordcoreano era diretto a Washington, ma poi ha cambiato la destinazione del suo biglietto ed è partito per New York.

Il generale Kim Yong Chol non era stato riconosciuto dall’AP, ma è stata la Yonhap, agenzia sudcoreana, a darne il nome, infine è stato il presidente americano a dire dal suo account Twitter che l’alto funzionario del Nord stava arrivando a New York: si tratta di uno dei più influenti personaggi della cerchia di potere del regime (sicuramente è il più alto funzionario della satrapia a visitare il regime dal 2000).

Due giorni fa una delegazione del governo americano guidata dall’ex ambasciatore in Corea del Sud, Sung Kim (di epoca e nomina obamiana, ma già attivo nei contatti col Nord ai tempi dell’amministrazione Bush), è arrivata nel villaggio della pace, il compound che si trova a Panmunjom, sul Trentottesimo parallelo, ossia lungo la fascia demilitarizzata che divide le due Coree, dove ha incontrato alti funzionari di Pyongyang, capitanati invece dalla vice ministro degli esteri Choe Son Hui.

La riunione è stata accompagnata da un tweet del presidente Donald Trump, che ha detto di credere “nell’incredibile potenziale” della Corea del Nord, che un giorno sarà “una grande nazione”. “Che cosa sta succedendo?” si chiede l’osservatore, anche quello più attento. Proviamo a dare un quadro.

Cinque giorni fa il capo della Casa Bianca ha diffuso una lettera inviata al satrapo del Nord, Kim Jong-un, in cui annunciava che l’incontro tra i due leader, organizzato per il 12 giugno a Singapore, era saltato. Non si parlava di un rinvio, ma di una cancellazione senza definizioni temporali, pur mantenendo una posizione aperta sulla possibilità di un contatto diretto. Gli Stati Uniti accusavano Kim di aver ripreso un atteggiamento arrogante e violento, poco proficuo per un dialogo che avrebbe avuto come unico obiettivo la denuclearizzazione nordcoreana.

Ma poi, il giorno dopo, il presidente americano ha fatto sapere che mai-dire-mai, e l’incontro del 12 – quello che secondo una vulgata rapidamente diffusa sarebbe stato la prova da portare in dote a chi assegna il Nobel per la Pace, da dare di diritto a Trump – restava ancora possibile. Allora il sudcoreano Moon Jae-in – il leader che più di tutti si è speso per avviare la fase dialogante della nuova crisi coreana di questi ultimi dodici mesi – ha cercato di pressare e ha incontrato a sorpresa Kim, proprio a Panmunjom, dove adesso nordcoreani e americani si stanno vedendo per definire certi dettagli.

Là si è parlato certamente del vertice, che a questo punto potrebbe pure tenersi fra due settimane; e altrettanto sicuramente si è parlato dei contenuti. Washington e Pyongyang non sono d’accordo su tempi e modi della denuclearizzazione, e questo è l’ostacolo: trovare un incastro tra le rispettive volontà, che per ora non sembrano per niente collimare.

Però, il coinvolgimento di Kim (Yong Chol) nei dialoghi potrebbe essere un segnale che, nonostante tutto, la Corea del Nord vuol far andare avanti i contatti. Il generale è una figura controversa: è accusato di aver condotto attività militari contro Seul, azioni pseudo-terroristiche come la torpedine che colpì una nave militare sudcoreana uccidendo 63 marinai, e di essere dietro agli attacchi hacker contro la Sony. È stato sanzionato dagli Stati Uniti, ma il regime lo ha sempre tenuto in primo piano: addirittura a febbraio ha guidato la delegazione di Pyongyang alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, che sono state il primo, vero, contatto in questa fase negoziale (c’è una sua foto diventata molto celebre e rappresentativa: seduto un posto dietro a Ivanka Trump durante la manifestazione).

Kim Yong Chol di solito accompagna il dittatore Kim nei suoi appuntamenti, compresi i viaggi in Cina, gli incontri con Seul, il faccia a faccia con Mike Pompeo, segretario di Stato americano. Il suo viaggio americano segue il weekend di fervore diplomatico appena trascorso e i contatti tra il pre-advantage team americano al 38esimo parallelo. Nel frattempo, un altro gruppo di funzionari americani è volato a Singapore, dove in teoria si sarebbe dovuto tenere l’incontro rimandato tra Trump e Kim.

Il presidente americano qualche giorno fa ha scornato contro il New York Times, che, mentre lui tornava a parlare della possibilità di vedere Kim, aveva scritto tramite un anonimo funzionario della Casa Bianca che la sua amministrazione non sarebbe mi stata in grado di riorganizzare un summit di così alto livello in così poco tempo.

La diplomazia del caos è messa a dura prova dal presidente, che vede l’incontro come una questione personale, un successo a cui non può rinunciare, e stressa gli attori in campo.

×

Iscriviti alla newsletter